L’Inter vince il primo round. Lo vince con i parametri zero di San Marotta. Ora tocca Inzaghi completare il miracolo nerazzurro…
I tifosi dell’Inter, a questo punto, ci sperano. Lo 0-2 che avrebbe potuto essere almeno uno 0-3 (occasioni sprecate a iosa, un palo clamoroso di Calhanoglu, un “Theo graziato”, come recita la Gazzetta dello Sport, infine un pugno nello stomaco recapitato a Bastoni in piena area, rigore netto) fa salire l’acquolina in bocca al popolo nerazzurro.
L’appetito, come si dice, vien mangiando. E, nonostante la Finale equivalga a un ristorante stellato dal menu proibitivo (Real Madrid e Manchester City fanno paura), non costa nulla sognare che, alla fine, il menu salatissimo lo paghino “gli altri”.
Ma, per l’appunto, c’è il ritorno. E qualsiasi interista che abbia un briciolo di intelligenza (e di stile) sa che il Milan merita sempre rispetto. Perché anche in questo Milano è una città diversa: le tifoserie si lanciano addosso sfottò e se ne dicono di tutti i colori sugli spalti, ma allo stadio si va insieme indossando maglie rivali, e al ritorno si prende la metrò insieme.
Non solo: al ritorno nelle file del Milan ci sarà quel cavallo pazzo di Leao, uno del trio milanista che va sempre e comunque temuto con il portiere Mike Maignan (uno che solo un curioso individuo come Gagliardini, i cui piedi equivalgono a due betoniere, pensa di poter mettere a sedere in area per piazzare un gol che potrà entrare nel suo repertorio più o meno lo stesso giorno in cui a Sfera ebbasta verrà affidata la direzione della Royal Philarmonic Orchestra) e il già citato Theo Hernandez.
Inter, bravo Inzaghi ma le scelte di Marotta sono state fondamentali…
Inter, San Marotta ha fatto un miracolo. Magari Inzaghi ne fa un altro…
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In casa Inter, però, la soddisfazione è tanta. Perché la squadra ha condizione fisica, occhi di tigre, e pensa ogni secondo a quel “noi” davanti all’ “io” di cui spesso ha parlato Inzaghi. Un pensiero, diciamolo, va anche a San Marotta (e Zhang lo sa bene): nella squadra nerazzurra in campo c’erano Onana (parametro zero), Acerbi (prestito con diritto di riscatto), Darmian (preso a poco, atleta di inestimabile utilità che sta facendo quasi dimenticare che l’Inter questa volata la sta imbastendo senza Milan Skriniar, il difensore più forte che aveva in rosa), Calhanoglu (parametro zero), Mkhitaryan (parametro zero), Dzeko (parametro zero), Lukaku (riportato a casa con un’operazione astuta dopo averlo venduto al Chelsea a 120 milioni).
Questa squadra, meno Lukaku, avrebbe potuto vincere lo scudetto della scorsa stagione e avrebbe potuto dire la sua quest’anno (perlomeno evitando al popolo nerazzurro l’onta delle finora undici sconfitte in Campionato), garantendosi senza patemi d’animo il piazzamento Champions.
Non sappiamo cosa ci aspetta da qui a qualche settimana, ed è inutile dire che va a ogni costo evitato il peccato di hybris, vale a dire la punizione degli dei dell’Olimpo quando gli uomini si abbandonano all’arroganza.
La speranza è che i ragazzi restino concentrati e umili, e che Inzaghi sappia continuare a leggere le famose “partire da dentro o fuori”. La prossima a San Siro lo è. Davanti al nostro pubblico, e non solo: Peppino Prisco e Giacinto Facchetti ci sono, da qualche parte, e vediamo di non farli incavolare.