Inter-Juventus, l’ennesima vittoria di Simone Inzaghi non vale nessuna vendetta, piuttosto un bel risarcimento…
Vendetta non è una bella parola, dunque è meglio ricorrere al termine “risarcimento”. Non lo è, non lo può essere – questo Inter Juve datato 26 aprile 2023 – del Grande Misfatto di un quarto di secolo fa, perché il tempo passato è tanto, perché quell’impatto tra Iuliano e Ronaldo (il vero Ronaldo) resta l’immagine congelata di un sistema di potere, arroganza, servilismo e impunità da tramandare ai posteri.
Ma certo c’è della poesia nel fatto che il calendario della Coppa Italia avesse previsto lo scontro in semifinale tra Inter e Juventus proprio ieri, e che da questo incrocio spazio-temporale sia emersa vincitrice l’Inter. Di corto muso, per di più, come piace a Massimiliano Allegri quando il muso davanti è il suo. Dunque, a ‘sto giro, gli piacerà poco (lo si è sentito anche nella pancia di San Siro quando, lontano dai riflettori, pare abbia avuto una crisi isterica augurandosi che l’Inter non entri in zona Champions).
Inter-Juventus, la caduta di stile della Vecchia Signora
Tralasciando le cadute di stile (ma a dire il vero lo stile, per cadere, dovrebbe partire da una posizione più elevata e sfruttando la legge di gravità: di gravità nel teatrino di mercoledì ce n’è sicuramente, ma è di tutt’altra natura rispetto a quella teorizzata nelle leggi dello scienziato Isaac Newton), passiamo all’Inter. Inzaghi si gode il riconoscimento collettivo di “Re di Coppe”: scomodando il gioco della briscola, il popolo interista sogna segretamente il “carico da undici” che trasformi il Re in “Asso di Coppe”, ma questo avverrebbe solo se quella coppa lì con le orecchie finisse nella bacheca giusta. Un copione del genere, al momento, sembra il parto fantascientifico di un secondo Isaac meritevole di citazione, lo scrittore Asimov.
Inter-Juventus, tutti dalla parte di Simone Inzaghi
Inter-Juventus, nessuna vendetta. Meglio dire risarcimento…
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La squadra sembra improvvisamente remare tutta nella stessa direzione, e questo appare già qualcosa di ottimo ai tifosi che, giorno dopo giorno, si sono stufati di aspettare che gli attaccanti in rosa – Lautaro in primis, Lukaku subito dopo, Dzeko e Correa – si ricordino la ragione sociale della loro missione nell’universo pallonaro: fare gol con continuità.
Perché è quello che li rende diversi da un centrocampista o da un terzino o da chi pota le siepi al Centro Sportivo Suning in memory of Angelo Moratti: Lautaro, ad esempio, sembra da settimane un ottimo centrocampista capace di difendere la palla e combattere su ogni intervento. Ma non è questo che gli si chiede.
Inter-Juventus non vale solo una finale di Coppa Italia
Eliminare la Juve da qualsiasi cosa – fosse anche dalla lista di prenotazioni di un ristorante – regala sempre soddisfazione nei tifosi, autostima nei giocatori e, pensiamo romanticamente noi, anche brindisi all’ambrosia tra gli Dei dell’Olimpo.
Anche se la Juve si rivela imbelle e spuntata come quella confezionata da Allegri ieri sera. Ma ora il gioco si fa duro, e serio, per un interista su tutti: Simone Inzaghi. Chi scrive pensa sia meglio cambiare in ogni caso a fine stagione, perché serve un nuovo (o un vero?) condottiero e perché undici (finora) sconfitte in Campionato costituiscono un’onta imperdonabile, e un’inquietante “promessa statistica” per la prossima stagione.
Ma se il tecnico piacentino riuscisse a entrare in zona Champions, ad alzare la Coppa Italia, e a raggiungere la Finale delle Finali, bè, qualcuno molto più importante di noi potrebbe decidere che, al netto di pochi “spiaze” futuri, il “Re di Coppe” potrebbe restare sul suo trono a tinte nerazzurre.