L’Inter vince a Lisbona e tutti sono a incensare Simone Inzaghi diventato un grande stratega. Ma non tutti salgono sul carro del vincitore…
Uno spartiacque. Tutti gli interisti sperano che Benfica-Inter possa rivelarsi questo. E in effetti partite come quella di Lisbona, giocate così, sovente (ma non sempre: e con l’Inter, lo sappiamo, non esistono certezze o probabilità più alte rispetto ad altre) finiscono per essere un ricostituente psicologico, fisico, comportamentale.
Lo spartiacque, però, esiste anche nei pensieri dei tifosi nerazzurri: c’è chi ha esultato godendosi l’impresa; c’è chi si è incazzato pensando che i giocatori della sua squadra del cuore, se sono capaci di fare ciò che hanno fatto, avrebbero potuto anche evitare l’onta di 10 sconfitte in campionato. C’è chi è pronto a benedire Inzaghi come il Grande Stratega e, al massimo, a prendersela unicamente con la sterilità imbarazzante degli attaccanti nerazzurri.
La virtù (in questo caso le verità), come dicevano quei saggi dei latini, sta nel mezzo. O, al massimo, all’incrocio di tutte queste analisi. Ma davvero evitiamo di salire sul carro di chi oggi si cosparge il capo di cenere chiedendo scusa a Inzaghi: il tecnico ha schierato la squadra classica, ha scelto (a nostro avviso sbagliando) di piazzare Dzeko davanti (colato a picco fisicamente come in tutta questa seconda parte di stagione, e appena un Lukaku in lenta ripresa è entrato in campo, la musica è cambiata), e se davvero il luogo comune lo vuole presentare come uno “specialista delle coppe”, bè, dovrebbe spiegare al mondo nerazzurro perché è capace di caricare la squadra solo nei momenti “storici”.
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L’Inter è una squadra con una certa storia, e quando hai quella storia devi passare attraverso l’ordinaria amministrazione di vincere le partite scontate, quelle noiose, quelle, ebbene sì, di campionato. Perfino di un campionato declassato, lento, vecchio come la serie A. E dunque si giunge al punto dolente: non è che tecnico e giocatori siano null’altro che degli… snob? Che giudichino il lavoro sporco del campionato non degno dei “destini fulgidi” che sentono di meritare?
Perché, in quel caso, eccoci qui a ricordare loro che il Milan ha lo scudetto sul petto, che è messo più o meno come noi nella corsa Champions, e che questa imprevista, bellissima avventura in coppa va goduta e assaporata in ogni sua curva narrativa ma poi, anche somministrandoci dosi da cavallo di ottimismo e sogni, anche a pensare l’impensabile, anche a illudersi che lassù in cielo indossino la maglia dell’Inter, il punto di arrivo è più o meno il seguente: fischio d’inizio, Acerbi in marcatura su Haaland. Ci siamo capiti. Testa bassa e, per piacere, fate i compiti in campionato.