Con la Juventus finisce sempre con una polemica. Ma a San Siro è l’Inter di Simone Inzaghi che perde, che non sa reagire e costruire…
Premessa: si accennerà solamente alla decisione dell’arbitro Chiffi di non vedere il fallo di mano di Rabiot che andava in scena davanti ai suoi occhi (la memoria è andata al 28 aprile 2018: l’ineffabile Orsato assiste con biglietto di prima fila all’intervento di Pjanic su Rafinha e non mette mano al fischietto).
Questa, non essendo materia di calcio, ma di qualcos’altro, la derubricheremo alla voce “solite cose che accadono in Inter-Juve”. Con l’aggiunta che la regola matematica viene rispettata, e cioé: ad arbitro che raccoglie voto insufficiente corrisponde Juve sicuramente non danneggiata. I destini positivi della Juventus fioriscono, spesso e volentieri, sugli arbitri di non eccelsa qualità, e di poca personalità. Pavidi e mediocri sono manna per Allegri e la sua ciurma.
Inter-Juventus: non è il braccio di Rabiot a punirci ma Inzaghi…
Con la Juventus finisce sempre così. Ma se questa è l’Inter di Inzaghi allora…
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Chiuso il discorso extra-calcistico, tocca parlare dell’Inter. La squadra nerazzurra dimostra, ancora una volta, tutti i suoi difetti. Giornata dopo giornata ci troviamo a definirli cronici, e se sono tali, va da sé, è che non c’è un buon dottore a metterci mano.
Partenza decisa, Barella protagonista di due tiri in porta, prima dalla distanza e poi, in scambio stretto con Lukaku, da posizione ravvicinata.
Infine, il deserto o poco più. La non reazione alla “dubbia” decisione arbitrale è desolante, la prestazione da ectoplasma di Lautaro (ormai da diverse settimane poco determinante e, per le solite ragioni di pavidità di Inzaghi, inamovibile dal campo), un Dumfries annebbiato nel cervello e nei muscoli fa quasi tenerezza nelle sue sgroppate che terminano con l’inevitabile passaggio all’indietro al compagno più vicino (il giovane Bellanova, che lo sostituisce, ci ricorda che forse è possibile anche crossare in area).
In bocca al lupo a Marotta e Ausilio: da questo olandesone lucido come un appena maggiorenne uscito da un coffee shop ad Amsterdam sarà già tanto se si raccoglieranno 20 milioni al mercato (da depressione) che ci attende in estate.
Temiamo di risultare noiosi ma le cose stanno così: è l’Inter che è clamorosamente noiosa per la la pervicacia diabolica con cui continua a ripetere errori identici a sé stessi.
La squadra corre a vuoto, spreca le (questa volta poche, altre volte troppe) occasioni che crea, e non ha un comandante degno di questo nome.
I galloni conferitigli dalla società una stagione e mezzo fa pesano sulle sue spalle a bottiglia. Dalle quali scivola tutto: illusioni, scuse, coppe consolatorie, ambizioni mal riposte.