L’Inter di Simone Inzaghi si è presentata al derby senza l’umiltà necessaria, con troppa presunzione. Ci vuole umiltà per vincere ancora…
E finalmente arrivò il derby a portare a galla i guai. Partita da favorita per aver triturato gli avversari nell’ultimo campionato, l’Inter si ritrova oggi a leccarsi le ferite dopo una stracittadina persa pesantemente e giustamente.
Il punteggio finale non dà l’esatto divario tra le due squadre che si è mostrato in campo. I nerazzurri sono stati annichiliti dalla strategia di Paulo Fonseca, prendendo a schiaffi Simone Inzaghi, soprattutto nella lettura tattica della partita. Fosse tutto.
Il tecnico piacentino ha dovuto fare i conti con l’approccio sbagliato della squadra e con le condizioni assolutamente appannate di molti. Dov’è finita la difesa della seconda stella, la meno battuta d’Europa e oggi trasformata gruviera che troviamo sugli scaffali di qualsiasi supermercato.
Nelle prime cinque giornate dello scorso campionato l’Inter aveva subito un solo gol (nel derby per la precisione), oggi dopo lo stesso numero di partite le reti sono diventate già 5 contro le 10 realizzate. Nello stesso periodo dell’anno passato i gol fatti erano stati 14.
L’idea più terribile che passa nella testa è che la squadra di Inzaghi abbia sottovalutato l’impegno, sottendendo di non essere una grande squadra. I sintomi ci sono tutti. Nella retroguardia dei campioni d’Italia Benjamin Pavard si è mostrato l’anello debole, impacciato e lento, mostrando limiti di personalità preoccupanti.
Yann Bisseck a Manchester si è dimostrato di livello nettamente superiore. A centrocampo Henrikh Mkhitaryan è l’ombra del giocatore ammirato l’anno scorso, Hakan Çalhanoğlu dimostri con i fatti di essere uno dei più forti centrocampisti d’Europa, cosa che gli riesce a targhe alterne. I guai fisici sono addomesticabili quelli mentali no. La tenuta nervosa è un dato preoccupante. Là davanti Lautaro Martínez va gestito. Sta pian piano salendo di condizione, ma Mehdi Taremi ora è meglio.
Inter, Simone Inzaghi senza umiltà e i giocatori troppo presuntuosi: ci vuole umiltà per vincere
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Tutti devono giocare, ma Kristian Asllani non è nemmeno lontanamente Çalhanoğlu e nel derby il cambio è stato controproducente. L’Inter sta diventando una squadra ordinaria perché la concentrazione assidua e l’attenzione maniacale sui dettagli sta venendo meno. Come può una squadra fare tre prestazioni così diverse in soli otto giorni? Mediocre contro il Monza, straordinaria a Manchester e pessima nel derby.
Ciò ci rimanda nel bellissimo racconto gotico di Robert Louis Stevenson in Dottor Jekyll e mister Hyde. Non c’è peggior cosa nell’assenza di continuità. Vincere e perdere con tutti, non si va da alcuna parte. Le responsabilità del mister sono ingombranti. Il termometro della squadra ce l’ha sottomano, la temperatura non può scoprirla a gara in corso.
Piotr Zieliński è una risorsa, non una minaccia. Non è stata la strategia di Fonseca a mettere sotto l’Inter, ma il mancato dubbio che questo derby avrebbe potuto rilanciare il Milan. Che non è assolutamente una brutta squadra, anzi, e nella partita più importante dell’anno l’ha dimostrato.
Cara Inter, l’umiltà, la dedizione, l’attenzione e la concentrazione sono mancate. Bisogna avere, comunque fiducia, nulla è compromesso, se la sconfitta di ieri si tramuterà in insegnamento. Altrimenti tutto sarà stato vano. Diceva Jonathan Swift: “La fiducia in se stessi è una forza soltanto finché non diventa presunzione”.