Nell’ultima partita dell’Inter è entrato nei minuti finali anche Joaquin Correa, il quale non ha ricevuto una bella accoglienza da San Siro.
Joaquin Correa non è più approvato dall’esigente pubblico di San Siro, che anche nell’ultima partita contro l’Atalanta ha sonoramente fischiato il numero 11. L’attaccante ex Lazio, seppur entrando nei minuti finali, ha disputato una prestazione molto scarsa. Sempre in ritardo su molte palle, poca lucidità (complici anche i ripetuti fischi dei tifosi), Correa dimostra come San Siro non perdona quei giocatori che si sono rivelati autentici flop con il passare nel tempo.
Arrivato come primo fra i preferiti di Simone Inzaghi, ora il Tucu è finito come ultima ruota del carro nelle gerarchie nerazzurre. Malgrado l’infortunio, l’attaccante argentino pare immobile di fronte a un tentativo di ripresa soprattutto mentale. Questo stato di continua indisponibilità spinge a pensare che alla fine della stagione le strade fra lui e l’Inter potrebbero separarsi.
Inter, Correa ma non solo: la paura del “giudizio” di San Siro
L’Inter e Correa non sono più in sintonia, ma nemmeno il pubblico di San Siro lo gradisce più in campo…
LEGGI ANCHE Inter, Lukaku titolare anche nel derby?
I fischi di San Siro verso Correa non sono certamente una novità nella storia decennale del rapporto (spesso complicato) tra alcuni giocatori e la tifoseria. Entrate in campo sotto una coltre di disapprovazioni rende la prestazione di un giocator già in salita, soprattutto quando sono in palio partite importanti come quella contro l’Atalanta valevole per la semifinale. Ciononostante, la storia del calcio, Inter compresa, è piena di forti contestazioni.
Ne è una dimostrazione anche la scelta di Inzaghi di non schierare Skriniar dopo i giorni travagliati che lo vedevano tra Inter e PSG. Il giocatore stesso, come era trapelato, aveva paura del rendere nota la propria decisione ma soprattutto temeva il giudizio negativo del popolo di San Siro. Giudizi che lasciano il tempo che trovano, ma che ancora oggi in certi contesti pesano come macigni sulla carriera di alcuni calciatori.
