Vent’anno dopo torna la stracittadina in Champions League, l’Euroderby tanto sognato e odiato: ma cos’è cambiato dall’ultima volta?
L’Inter torna in semifinale dopo tredici anni. Non sarà una semifinale qualsiasi, ma il secondo Euroderby in oltre sessant’anni di storia della Champions League. Questo appuntamento con la storia ricorre vent’anni dopo l’ultima volta e diciotto anni dopo l’ultima. In realtà, quello più sognato (ma anche odiato dalla tifoseria nerazzurra) è proprio quello del maggio 2003, alla vigilia di una delle estati più torride di sempre.
Dopo diverso tempo, in pochi anni Inter e Milan sono tornate sulla scena del calcio che conta. Il ghiaccio della mediocrità lo hanno rotto i nerazzurri due anni fa vincendo il 19° Scudetto, per poi ricucire il tricolore sul petto dei rivali cittadini nella passata stagione. In compenso, la Coppa Nazionale è tornata a Milano, così come anche la Supercoppa. Ora, però, l’asticella si è alzata ulteriormente, come la febbre tra i tifosi.
Amarcord Inter, è di nuovo Euroderby: analogie e differenze vent’anni dopo
Vent’anno dopo torna la stracittadina in Champions League, l’Euroderby tanto sognato e odiato: ma cos’è cambiato dall’ultima volta?
LEGGI ANCHE Euroderby, ora Inzaghi può vendicare Cuper e Mancini
Come sottolinea La Gazzetta dello Sport, gli dèi del calcio sembrano aver ricreato un momento molto atteso ma anche di grande tensione. Ricreare uno dei derby calcistici più importanti d’Europa, tanto più in Coppa Campioni, è qualcosa che si vede forse in pochi momenti della vita di un tifoso. Oggi come vent’anni fa ci sono sia delle analogie ma anche delle grandi differenze.
Prima di tutto nelle due proprietà: vent’anni fa si fronteggiavano due importanti famiglie imprenditoriali italiane (Moratti e Berlusconi). Oggi invece pare di più una sfida geopolitica sul campo tra USA tramite Gerry Cardinale e Cina della famiglia Zhang (anche se le ultime notizie sul fronte societario sul futuro dicono tutt’altro).
Inoltre, il calcio italiano era di tutt’altro livello. Negli anni ’90, sulla scia del Mondiale casalingo, i club italiani erano spesso soliti accedere alle finali di Coppa Campioni contro il decennio 2010-2020 di grande magra (fatta eccezione per le due occasioni della Juventus nel 2015 e nel 2017, puntualmente mancate).
Eppure c’è un lungo filo rosso che lega quelle due sfide a queste all’orizzonte: la testa e il coraggio per diventare grandi. All’epoca, due allenatori si sono giocati la carriera in quei 180′, dai quali uno è uscito grande e l’altro è precipitato definitivamente nella damnatio memoriae. Oggi, come per ironia della sorte, si ripete di nuovo con Stefano Pioli e Simone Inzaghi.
La testa suggerisce calma e pazienza, ma il cuore inspiegabilmente porta a fare i conti con una cicatrice mai rimarginata finora, creata dalla deviazione del tiro di Kallon su ginocchio da parte di Christian Abbiati. Ci riuscirà a curarla Simone Inzaghi, che qualcuno già chiama Dottor Jekyll e Mr Hyde?