Settantacinque minuti di lento poi, quando l’ennesima figuraccia di questi ultimi mesi sembrava aggiungersi all’ormai lunga fila, un inaspettato quarto d’ora di tango. Continua il laboratorio nerazzurro al Mondiale per Club, Inter-Urawa Red Diamonds finisce 2-1: Lautaro Martinez ribalta un mondo in odor di depressione sportiva, il rientrante Valentin Carboni regala la prima vittoria a Cristian Chivu.
Inter-Urawa: tutti i difetti dell’ultimo Inzaghi
La Beneamata parte propositiva ma all’undicesimo minuto va ancora sotto. La fase difensiva è come un famoso prodotto alimentare in scatola, si taglia con un grissino: imbarazzante catena di errori personali e Ryoma Watanabe porta avanti i giapponesi. Seguono minuti di possesso palla massivo, lento, sterile e decisamente prevedibile. I giapponesi evidentemente conoscono la compagine meneghina e una volta ottenuto l’inaspettato vantaggio rinunciano a giocare, parcheggiando il pullman sui sedici metri.
Premesso che la finale di Champions League è stata cosa totalmente a parte, il primo tempo e due terzi della seconda frazione di Inter-Urawa ci sono sembrati il racconto delle peggiori versioni inzaghiane: quella di Firenze che gira e rigira il pallone o quella impotente vista a Bologna o San Siro contro la Roma.
Focus sui singoli
Siamo d’accordo: prima del fischio d’inizio ci saremmo aspettati una vittoria decisamente più comoda. Ribadiamo però quanto scritto in un recente editoriale: a questa squadra per ritrovarsi e per cercare nuove vie serve tempo. E siamo solamente a giugno in un contesto – quello comunque di un mondiale, con tutte le sue impazzite variabili – dove gli esperimenti sono richiesti. Ma spesso rischiosi.
Vale piuttosto concentrarsi sui singoli. Su un Kristjan Asllani che getta al vento l’ennesima occasione (troppo poco lo spunto per la traversa di Lautaro) o su Federico Dimarco ormai abituatosi all’oretta fatta male – prima o poi bisognerà capirne anche il perché. Giudizio sospeso per Luis Henrique: prestazione insufficiente ma bisogna pur sempre ricordarsi del primo Dumfries.
Inter-Urawa, le note positive: FPE e Carboni
E poi una valanga di errori tecnici. Troppi, anche per una squadra ormai spremuta nelle gambe e fortemente provata nella mente. Un esempio per tutti Henrikh Mkhitaryan, passato dalla modalità ingiocabile a quella inguardabile. Il capitano – autore di una rete di pregevole fattura – strappa un buon voto “solamente” per aver salvato baracca e burattini, mentre la sua spalla iniziale (Sebastiano Esposito) non becca praticamente mai il pallone.
Discorso totalmente diverso per il fratello minore. È vero Francesco Pio Esposito non ha inciso, ma – finalmente dopo tanto tempo – in mezzo all’area di rigore ci è sembrato di rivedere un centravanti alla vecchia maniera. Ha sgomitato, cercando un colpo che avrebbe meritato. Il guizzo, invece, è arrivato da un altro “ragazzo” di Cristian Chivu. Valentin Carboni tornava ieri in campo dopo un lunghissimo infortunio: prima della rete decisiva ha provato, con personalità, un paio di volte la specialità della casa.
Eccole qui le note positive di una “brutta” vittoria: FPE e il talento argentino potrebbero aver riscritto il loro futuro prossimo. Questa squadra difetta di freschezza, inventiva e qualità. Caratteristiche che entrambi possiedono.