Tra l’Inter e Cristian Chivu manca solo la fumata bianca. O meglio, la firma sul contratto biennale, per essere precisi. Una scommessa ad altissimo rischio, possibile arma a doppio taglio. Per la dirigenza il confine tra l’intuizione geniale e la cantonata dell’anno è più labile che mai. Siamo realisti: il rischio che la scelta di insediare sulla panchina della Beneamata un allenatore con tredici gettoni di Serie A nel curriculm è quello di rivivere la depressione post-Triplete ma senza aver fatto il Triplete. Presupposti simili e finale totalmente diverso, la squadra ha una certa età media e la stagione appena passata ha sfibrato un gruppo che prima della primavera sembrava d’acciaio.
Ma mai come in questo momento ci si dovrebbe accontentare di letture superficiali. Non è nelle corde di queste pagine farsi prendere dallo sconforto. Torniamo al 2010/11 quando il neo-allenatore dell’Inter Rafa Benitez prese di petto la pesante eredità lasciata da José Mourinho. Risultato? Tanti saluti allo spagnolo dopo sei mesi e tredici giorni. Da un madrileno a un catalano, occhio alle parole. Di Cesc Fabregas in questo caso: “A Como lavoro come voglio io, in un top team è difficile“.
L’Inter e la grande scommessa su Cristian Chivu
Ecco, con tutto il rispetto per il Como fatichiamo a credere che – oltretutto in un mondo di squali come quello del calcio – l’Inter non abbia avuto la forza di far la voce grossa con i lariani o portato argomenti più convincenti alla sua guida tecnica. Presumibilmente, nel nome della continuità, è stato preferito un profilo più basso. Ma non per questo (in prospettiva) meno valido. Un “aziendalista”, proprio come Simone Inzaghi, se vogliamo.
Chi sperava nel grande nome a sorpresa è rimasto deluso, chi (ragionevolmente, va detto) avrebbe preferito un profilo con un minimo di esperienza in più sta rumoreggiando sui social. Ora, possiamo discutere sulle tempistiche, è vero. Oppure sul fatto che – a quanto pare – la società si sia fatta sorprendere dalla scelta dell’ormai ex allenatore. Ma, preso atto di tutto, sul mercato è rimasto quel che è rimasto. Al tifoso piace criticare, come quando si contesta un allenatore che non schiera il tal giocatore.
Eppure, segreto di pulcinella, chi meglio di un mister del 2025 – che vede i calciatori tutti i giorni, con a disposizione ogni dato possibile ed immaginabile – può decidere la formazione? Appunto: l’ambiente Inter ha avuto modo di apprezzare il Cristian Chivu giocatore, l’attuale società – su tutti Giuseppe Marotta e Piero Ausilio – ha osservato nel tempo il percorso del rumeno come allenatore. Quindi come uomo.
E sebbene ultimamente dai piani alti di Viale della Liberazione qualche errore è stato commesso – come lasciare fuori dalla finale di Champions League gli ultras della Curva Nord – sulla gestione delle faccende propriamente tecniche, riguardanti le scelte che direttamente influenzano il terreno di gioco, ben poco si può additare a presidente e direttore sportivo.
Società forti, destini forti
Il nuovo allenatore dell’Inter Cristian Chivu ora dovrà metterci del suo. Ma, soprattutto nei mesi iniziali, o comunque nei passaggi cruciali della prossima stagione, il banco di prova è tutto per società e massimi dirigenti. Nei momenti difficil il tecnico dovrà essere guidato e consigliato a dovere. Non – per intenderci – lasciato in balia degli eventi come, ad esempio, ha recentemente fatto la Juventus con Thiago Motta. Società forti, destini forti (parafrasando il cittì Luciano Spalletti).
L’ex numero ventisei ha lavorato tanto e bene con i giovani: fateci caso anche il calciomercato nerazzurro sta andando proprio in questa direzione. Siamo comunque consci che nel pallone non ci sia salto maggiore che quello tra settore giovanile e calcio dei grandi. Uno scalino più alto anche di diverse categorie di differenza. Ma se saprà sfruttare il lavoro del predecessore i senatori del gruppo potranno aiutarlo, continuando con una sorta di pilota automatico.
La scelta dell’Inter di affidare la panchina all’inesperienza di Cristian Chivu potrebbe essere un’azzardo, è vero. Ma mai come una soluzione tutta straniera digiuna del contesto italiano (alla Frank de Boer, per esempio) o di un tecnico troppo sicuro del proprio calcio. Les jeux sont faits, rien ne va plus: ad ogni modo bentornato a casa mister!