Era la prima estate del nuovo millennio. Massimo Moratti, allora patron della Beneamata, proprio non badava a spese pur di allestire una rosa in grande di raggiungere il primo, agognato, scudetto della sua presidenza. Innamorato dei grandi attaccanti – solo l’esperienza lo porterà a equilibrare la potenza di fuoco con certa stabilità difensiva, ma questo è un altro discorso – il petroliere riusciva ogni anno a portare alla Pinetina il meglio del pallone italiano ed europeo. Al ritmo di un grande colpo a stagione: Ganz, Zamorano, Ronaldo, Vieri, Baggio. Così, su questa falsariga, l’Inter si assicura le prestazioni di un talento emergente, almeno oltremanica: stiamo parlando di Robbie Keane, il Michael Owen d’Irlanda, vent’anni appena compiuti. Proprio l’8 luglio.
Una stagione disgraziata
Trentuno miliardi del vecchio conio versati nelle casse del Coventry City. Al suo primo anno in Premier League il futuro capitano della nazionale irlandese (indossò la fascia dal 2006 al 2016) aveva messo insieme 12 reti in 31 presenze. Profilo graditissimo al tecnico nerazzurro Marcello Lippi, il nuovo acquisto dell’Inter Robbie Keane sapeva destreggiarsi a sostegno del centravanti. Tecnica e velocità, la doppia capacità di andare a bersaglio e di saper dettare l’ultimo passaggio.
Con Bobo e il Fenomeno fermi ai box per i soliti infortuni, all’esordio stagionale tocca all’irlandese guidare – insieme all’impalpabile Hakan Sukur – l’attacco interista. Antipasto di una stagione disgraziata, il preliminare di Champions League giocato contro l’Helsinborg viene ricordato ancora oggi come una delle peggiori pagine della storia nerazzurra.
L’Inter e l’esperienza fulminea di Robbie Keane
Eppure in quel maledetto doppio confronto l’irlandese fu uno dei pochi a guadagnarsi la pagnotta. All’andata solamente il portiere di casa gli negò la gioia del gol con una splendida parata, due settimane più tardi a fermarlo fu invece il palo. Mancherebbero all’appello pure un paio di rigori – uno per gara. Oltre a quello realmente fischiato al minuto 90 della partita di ritorno – guadagnato sempre dallo stesso Keane – e che (probabilmente) avrebbe potuto cambiare le sorti di un’intera annata se solo Alvaro Recoba non si fosse fatto ipnotizzare dall’estremo difensore svedese.
Eccoci quindi a settembre, Supercoppa Italiana. La Lazio campione d’Italia è una corazzata. Ma al numero sette bastano due giri di lancette per bruciare sullo scatto un certo Alessandro Nesta e bucare l’ex di turno Peruzzi con un preciso pallonetto. Sarà una spina nel fianco della difesa biancoceleste per tutti i novanta di gioco: peccato che la retroguardia meneghina faccia acqua da tutte le parti e contribuisca in maniera determinante al 4-3 finale in favore dei capitolini.
Da Lippi a Tardelli
L’avanti dell’Inter Robbie Keane timbrerà anche in Coppa Uefa e in Coppa Italia. Ma alle dimissioni di Lippi (prima di campionato) seguirà l’arrivo di Marco Tardelli. Nel suo disastro complessivo il campione del mondo 1982 non capirà le potenzialità del giovane irlandese, lasciandolo ammuffire in panchina. La fulminea esperienza italaian del miglior marcatore e primatista di presenze della selezione irlandese terminerà nel calciomercato di riparazione. Un anno e mezzo al Leeds e poi l’approdo al Tottenham: al White Hart Lane il suo talento esploderà in tutto il suo potenziale.