L’Inter non vola in classifica e ai tifosi nerazzurri va assegnato il “Premio Pazienza” con Simone Inzaghi in panchina…
Malata cronica. È questa l’Inter che esce dal campo di Bologna, dopo l’ennesima prestazione sconfortante contro una “piccola”. Se si può iniziare a parlare di “fatal Bologna” dopo il suicidio della stagione scorsa, va però puntualizzato che questa volta la squadra nerazzurra è stata un disastro sin dal fischio d’inizio.
Da settimane, l’Inter sapeva di poter sfruttare un calendario favorevole, costellato di incontri abbordabili con squadre medio-piccole, a fronte di impegni più consistenti delle squadre rivali per un posto in Champions.
Tutto sprecato: pescando nel mazzo di Empoli, Monza, Samp e Bologna si sono raccolti due miseri punti. Il rendimento in trasferta è umiliante per i giocatori e per i tifosi. La condizione fisica dei giocatori, al Dall’Ara, disastrosa, la formazione iniziale pensata da Simone Inzaghi assolutamente inadeguata.
Volendo parlare della responsabilità dei giocatori, si possono citare un Dumfries impresentabile (un comodino Luigi XVI sarebbe stato più mobile e, forse, in qualche cassetto vi si sarebbe trovato più fosforo che nei neuroni dell’olandese), un Brozo ancora indietro nella condizione, un Lukaku assolutamente innocuo (aggettivo peggiore che si può affibbiare a un attaccante).
Il responsabile principale di tutto ciò che sta avvenendo all’Inter da due stagioni? Simone Inzaghi. Il suo gioco dispendioso porta a vincere scontri di cartello grazie alla benzina della motivazione, ma quando le partite si sommano sul groppone della squadra, il destino è scritto: si molla. Servirebbe un motivatore “alla Conte” (un lusso, di questi tempi, dunque questo, più che un’ipotesi è un lamento nostalgico).
In ogni caso qualcuno migliore di questo discreto tecnico di provincia la cui maglia dell’Inter si rivela extra large per le sue modeste spalle…
Inter, la panchina di Simone Inzaghi non è più al sicuro per i tifosi…
Inter, i tifosi vincono il “Premio Pazienza” con Inzaghi…
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In sala stampa, Inzaghi se ne è uscito con un repertorio che ha ricordato il “migliore” (si fa per dire) Mazzarri: “La continuità manca a noi come manca a tutte le altre, tranne una squadra. Tutte hanno avuto rallentamenti”. La solita pantomima post-partite deludenti: Inzaghi intona il mantra del “mal comune mezzo gaudio”, minimizza, si accontenta e, alla prossima vittoria (o passaggio di turno, chissà, col Porto), si farà sfuggire un paio di frasi velate di presunzione su come “ quest’anno si sia alzato un trofeo e si sia andati avanti in coppa”. Fino al prossimo inciampo in campionato, col rischio di non entrare nella zona Champions.
Guardando sull’altra sponda del Naviglio, un allenatore come Pioli ha saputo uscire da una situazione di crisi reinventando la difesa e pensando correzioni al modulo. Inzaghi procede a riflessi pavloviani: sempre uguale a sé stesso, nei pregi (pochi) e nei difetti (tanti, tra cui l’incapacità di essere motivatore). Non si registrano margini di miglioramento in questa Inter, dunque appare ovvia la necessità di un cambiamento. Se i cambiamenti (in peggio) della rosa ci vengono inflitti con regolarità annuale da una dirigenza “ricattata” dalle difficoltà economiche, almeno quello della panchina venga regalato ai tifosi come “premio pazienza”.