In casa Inter oramai ci si è abituati all’assenza di Lukaku ma anche a quella di Simone Inzaghi che fa discutere continuamente per le sue scelte in panchina…
È la storia di sempre. Perlomeno di questa stagione fatta di illusioni masticate, pressoché da subito, dalla realtà. Col tempo e con le giornate di campionato che ci scorrevano davanti agli occhi abbiamo imparato ad accettare, e a dare come scontata, l’assenza di Lukaku dal campo, il suo rientro dilazionato e ingessato, l’assenza di Brozovic, le incognite sull’impiego di Asslani (utilizzato con il contagocce) e Bellanova (inadeguato nelle sue poche apparizioni sul campo).
Eppure, il tifoso nerazzurro ancora conservava un lusso: quello di considerare una fastidiosa anomalia lo zoppicare in trasferta, le puntuali trasformazioni da squadra organizzata (tra le mura di casa) a armata Brancaleone sprecona, sprovveduta, pigra, leziosa e tentennante sui campi altrui.
Da notte di Genova forse, è venuto il momento di dirselo ad alta voce: le cose non cambieranno mai. L’Inter assolutamente irritante vista allo Stadio Luigi Ferraris contro la Sampdoria dell’ex Deki Stankovic – con tutto il rispetto, non la più forte formazione del campionato attuale – è quella che in trasferta vedremo da qui al prossimo futuro.
Per chi scrive, un futuro che combacerà con la permanenza di Simone Inzaghi sulla panchina. Perché è lui che deve saper caricare i giocatori e spingerli a trovare motivazioni smentendo quello che ormai da luogo comune ha subito una metamorfosi in certezza.
Inter, anche i numeri sono contro Simone Inzaghi…
Inter, abituati all’assenza di Lukaku e a quella di Inzaghi…
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Le statistiche sono implacabili: il gioco non offre spunti di imprevedibilità, siamo ultimi in serie A per i dribbling, nessun giocatore è in grado (tecnicamente o psicologicamente, poco conta) di saltare l’uomo come faceva Sua Maestà Perisic.
Gosens è stato sostituito, per disperazione, allo scoccare del secondo tempo, da un Dimarco mai così impreciso. Sul fronte opposto, quando Darmian deve cedere alla stanchezza, il Dumfries post-Mondiali (un disastro) porta all’ennesima potenza il suo gioco elementare (correre, arrestarsi, passare indietro). A ciò si aggiunga che da inizio stagione l’Inter gioca con soli due attaccanti degni di questo nome. Chicca finale, l’incapacità conclamata di Simone Inzaghi di gestire le forze in rosa. Anche a Genova, imprevedibilmente, il tecnico piacentino ha fatto partire dall’inizio il centrocampo impiegato fino allo stremo con Mkhitaryan, Chalanoglu, Barella.
L’Inter si meriterebbe per blasone un tecnico di un livello superiore. Ma il portafoglio attuale ragiona per cifre (e per debiti) e non col blasone. Morale: rassegniamoci a vedere questa Inter: eroica in imprese singole contro squadre impegnative, anonima e incolore contro le piccole. Sperando di portare a casa la zona Champions.