Tutto in un novanta minuti. O poco più. Non ci è dato ancora sapere come ricorderemo la sera di questo 31 maggio 2025. Se diventerà un’altra data da incidere a fuoco nella memoria della lunga storia nerazzurra o se si trasformerà nell’ennesimo giorno nefasto da dimenticare al più presto. Non sono previste mezze misure, come da migliore tradizione nerazzurra. Tra il tonfo sordo dello zero tituli e un dolcissimo sogno da gustare sulla vetta più alta d’Europa, questa lunga, lunghissima giornata d’attesa. Così, a passi interminabili verso Psg-Inter, ultimo atto della Champions League più bella di sempre.
Due mondi agli opposti che si giocano una stagione. Perché per i rouge-et-bleu l’incetta di titoli in patria non può più bastare e perché i nerazzurri non possono permettersi di terminare questa bellissima cavalcata terminando la stagione a mani vuote. Di fronte chi ha avvelenato il mercato europeo dell’ultimo decennio a suon di petrodollari – a qualcuno è andata discretamente bene (il nullatenente Achraf Hakimi), ad altri decisamente meno (vero Milan Skriniar?) – e chi per anni ha dovuto fare di necessità virtù. Trovando risorse preziose utilizzando al meglio i quattro spiccioli in tasca.
Psg-Inter, la finale di Champions League
Sarà la prima grande sfida dei terribili giovani parigini al cospetto dell’ultimo treno per molti degli eroi di Inter-Barcellona 4-3. William Pacho, Nuno Mendes, Joao Neves, Bradley Barcola e Désiré Doué in cinque superano a stento il secolo mentre l’età media dei titolari della Beneamata sfonda abbondantemente le trenta primavere. I “giovani” dell’Inter sono grossomodo coetanei dei più esperti del Psg.
C’è poi un discorso di storia. Quando nel 1970 il Paris FC e lo Stade Saint-German unirono le forze – su gentile suggerimento della federazione francese – l’Inter aveva già una stella sul petto e le prime due coppe dei campioni in bacheca. Il curriculum, insomma, non si può comprare. Così nel calcio, da buona materia complessa, bisogna tenere conto di ogni singola sfaccettatura. O forse no: e allora godiamoci ancora una volta, almeno prima del fischio di inizio, un’altra notte di sogni, di coppe e di campioni. C’è da giocarsi tutto. Tutto, in novanta minuti.