Inter, lo slogan “Mai stati in B” è uno dei vessilli più cari e sbandierati dalla tifoseria interista. Esso celebra il primato, unico nel calcio italiano moderno, di aver partecipato a tutte le edizioni della Serie A a girone unico senza mai subire una retrocessione. Un record di longevità e costanza sportiva che è bandiera d’orgoglio.
Eppure, a guardare gli annali del calcio pionieristico, si scopre che l’Inter, pur non essendo mai scesa nella Serie B moderna, sfiorò la caduta in modo clamoroso in un periodo di grande confusione per il pallone italiano.
L’episodio risale alla stagione 1921-1922. Il campionato era all’epoca diviso in due organizzazioni rivali – la FIGC e la neonata Confederazione Calcistica Italiana (CCI) – e l’allora Football Club Internazionale attraversò una delle sue crisi più nere, culminando con un desolante ultimo posto in classifica nel suo girone della Prima Divisione CCI.
Una posizione che, secondo le normali regole, avrebbe decretato la retrocessione nella categoria inferiore. La storia dell’Inter stava per macchiarsi per la prima volta.
Inter, una salvezza dall’alto
La salvezza, tuttavia, arrivò dalle alte sfere. Per risolvere il caos e il dualismo federale che paralizzava il calcio, si rese necessaria una drastica riorganizzazione. Fu allora che intervenne una figura destinata a diventare leggendaria. Il futuro CT della Nazionale Vittorio Pozzo. Insieme al presidente FIGC Luigi Colombo.
L’accordo da loro promosso, passato alla storia come “Compromesso Colombo”, fu un piano federale di amnistia e riorganizzazione che prevedeva l’allargamento della massima divisione a un imponente numero di 36 squadre, includendo una serie di complessi ripescaggi e spareggi.
Grazie a questa manovra “politica” che sanò le spaccature federali, l’Inter, sebbene ultima sul campo, fu ammessa d’ufficio al campionato successivo.
Mai stati in B
Se il “Compromesso Colombo” non fosse stato firmato, i nerazzurri avrebbero subito la loro prima retrocessione, perdendo per sempre il vanto di essere “mai stati in B”. L’episodio rimane la prova di come il destino del club, negli anni della sua gioventù, fu appeso a un filo. Salvato in extremis da un escamotage che, di fatto, permise all’Inter di mantenere immacolato il suo status nella massima serie.



