L’Inter, almeno quella che abbiamo conosciuto nell’ultimo biennio, si è fermata al Bayern Monaco. Un’ora dignitosa a Bologna, mezz’ora illusoria nel derby di Coppa Italia e venti minuti di buone intenzioni nel pomeriggio di ieri contro la Roma. Poi, il buio. L’aggancio del Napoli e l’addio alla Coppa Italia – al sogno Triplete, che tutti abbiamo cullato, anche quelli che adesso, come la volpe che non arriva all’uva, sono del partito del “non eravamo attrezzati”. Quindi al termine della trentaquattresima giornata realizzare che no, classifica e calendario alla mano, il Napoli (a meno di impronosticabili suicidi sportivi) non restituirà il doppio regalo spedito sotto al Vesuvio dalla compagine nerazzurra.
Sì, perché – per la seconda volta in quattro anni – Simone Inzaghi e i suoi uomini hanno gettato letteralmente al vento uno scudetto già in procinto di cucirsi sulle maglie della Beneamata. Sia chiaro, è giusto così: nel 2021/22 Handanovic e soci si mangiarono tutto ben prima di Bologna, ovvero in quel disastroso ciclo da 7 punti in 7 partite. Quest’anno tra doppie rimonte subite, reti prese al novantesimo e dintorni e partite interpretate in maniera presuntuosa la lista è troppo lunga per essere vera.
Inter-Roma, dopo la Coppa Italia addio anche allo scudetto?
Ovviamente non può essere ancora il tempo dei processi. Ma è lapalissiano che mai come in questa stagione le colpe andranno redistribuite: giocatori, mister e società. Quest’ultima con il peccato originale di non essere intervenuta a gennaio quando si poteva (doveva) puntellare la rosa. In particolar modo in attacco.
Al termine di Inter-Roma il pubblico di San Siro ha applaudito la squadra. Nonostante la settimana difensiva in modalità statuine del presepe. Nonostante negli ultimi sette giorni la squadra non sia arrivata nemmeno a calciare verso i portieri avversari. Nonostante Simone Inzaghi, ancora una volta, si sia rivelato in grave difficoltà nelle maratone punto a punto. Scelta sacrosanta da parte dei sostenitori. Nonostante tutto mercoledì sera c’è una semifinale di Champions League. Il confine tra fallimento – con questo potenziale, almeno in Italia, non potremmo definire altrimenti un’annata da zero tituli – e storia non è mai stato così labile come quest’anno.