L’Inter di Inzaghi vince ancora a dimostrazione che quest’anno non sono previsti regali scudetto. E sul caso Acerbi ci sono da dire tante cosette…
Servivano i tre punti contro l’Empoli, per allontanare le ombre. L’Inter accusa qualche calo, comprensibilissimo a questo punto della stagione, ma c’’è. Alla fine di una doppia settimana in cui il meteo umorale per gli interisti è stato tendente pioggia (più nuvole nere che cielo azzurro: l’eliminazione dalla Champions, il pareggio col Napoli, il caso Acerbi), finalmente si tornano a sentire buone vibrazioni. Servivano i tre punti per dimostrare a chi insegue, seppur sia posizionato a debita distanza, che quest’anno non sono previsti regali di scudetto.
Ma soprattutto serviva il calcio giocato, quello nel quale l’Inter sta dimostrando – in questa stagione 2023/2024 – le cose migliori. Si torna a ripeterlo: ovunque, fuori dai confini nazionali, si sta commentando con parole d’encomio il gioco dell’Inter.
Solo nella provincia italica tifoserie rivali e stampa accondiscendente (cosa non può fare la sete di due copie in più vendute in tempi di crisi della carta stampata) hanno cercato, in questi mesi, di dirottare il discorso: ci hanno provato con i supposti favori arbitrali (l’ultima perla della “Marotta League”? I due rigori negati alla Lazio nel match contro la Juventus, anche se poi i bianconeri non ne hanno beneficiato, avendo perso); ci hanno provato con la situazione finanziaria del presidente interista Zhang (mentre altri casi finanziari coinvolgenti Milan e Juve sono finiti nel dimenticatoio); ci hanno provato con il caso Acerbi.
Inter, ma scusate dove sono le prove contro Francesco Acerbi?
Inter, non sono previsti regali scudetto. E fatemi dire una cosa sul caso Acerbi
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E a proposito del tormentone legato al difensore interista è il caso di mettere il punto. Tirando una bella riga su diverse pantomime imbarazzanti messe in scena dal circo italiota sempre incline all’ipocrisia e al perbenismo di facciata.
La prima: la pagliacciata del Napoli prima dell’incontro con l’Atalanta. I giocatori azzurri inginocchiati in solidarietà con il loro giocatore Juan Jesus prima del fischio d’inizio della partita casalinga contro l’Atalanta, di fronte alla quale si sarebbero poi nuovamente inginocchiati calcisticamente sotto il peso di tre reti.
Le sentenze vanno accettate, soprattutto quelle inattaccabili dal punto di vista del diritto…
La seconda: le uscite a mezza bocca di tutti coloro (nel numero c’è anche il Ministro dello Sport Andrea Abodi) che, di fronte alla sentenza del giudice sportivo che ha assolto Francesco Acerbi per mancanza di prove, persistono a far passare il pensierino da cavernicoli del Diritto del tipo: sappiamo com’è andata, si doveva credere alla parola di Juan Jesus.
A corollario di questo pensiero, quello secondo cui assolvendo Acerbi si dava del “bugiardo” a Juan Jesus. In questo caso si scende nei bassifondi dell’ignoranza più crassa, trasformando un caso giudiziario nella semplice decisione di una maestra dell’asilo che dà ragione a un bimbo e sbugiarda l’altro.
Un tribunale non deve stabilire una Verità: deve condannare o assolvere in base a prove certe al di là di ogni ragionevole dubbio.
La terza: si potrebbe dire che il caso Acerbi abbia risolto magicamente la piaga del razzismo in Italia. Perché a leggere i commenti sui social e ad ascoltare i fulgidi opinionisti televisivi appare lampante che a essere rimasti razzisti su suolo nazionale siano solo i tifosi dell’Inter. Tutti gli altri – a cominciare dai tifosi napoletani, juventini e milanisti – hanno alzato il sopracciglio sdegnati dalla sentenza, comunicando la loro solidarietà al povero Juan Jesus, la cui parola andava creduta senza se e senza ma.
In conclusione
La verità? Da una sentenza pro-Juan Jesus sarebbe nato un inquietante precedente per cui qualsiasi giocatore (preferibilmente appartenente a qualche categoria tutelata dal pensiero politicamente corretto) avrebbe potuto accusare di offese discriminatorie un rivale, azzoppandolo sotto la squalifica di dieci giornate.
Senza testimoni in campo (nemmeno tra i propri compagni di squadra!), senza filmati a comprovare. Un orrore. Così, sulla base della parola. Semplicemente perché – secondo una scala di “valori” tutta da dimostrare – se un nero accusa un bianco di razzismo è decisamente probabile che ciò corrisponda al vero.
Come nei tribunali di alcuni regimi islamici dove la parola di un uomo vale più di quella di una donna. Se è questo l’antirazzismo che vogliamo, allora tante grazie no.
Ma siccome a certe persone dure di comprendonio serve un esempio pratico, eccolo servito. Immaginate: scontro scudetto sul filo dei punti in classifica tra Inter e Juventus, al fischio finale il giocatore dell’Inter Cuadrado va dall’arbitro e accusa Vlahovic di avergli rifilato offese razziste. Sulla parola Cuadrado viene creduto e la Juventus si ritrova privata del suo bomber per le dieci partite successive. Il discorso finisce qui.