Rimpianto, per la Treccani ricordo nostalgico e dolente di occasioni mancate. Sarà difficile dimenticare questo Inter-Lazio, trentasettesima giornata del campionato di Serie A, occhi a San Siro e orecchie collegate al Tardini di Parma. I nerazzurri si buttano via per l’ennesima volta in stagione, una gara al contempo dalle mille storie e, a mente fredda, senza senso.
Dal buon primo tempo, suggellato dalla rete di Yann Bisseck, all’inaccettabile atteggiamento avuto nella ripresa. Ancora una volta Henrikh Mkhitaryan e compagni hanno dato la sensazione del volersi specchiare, quasi per compiacersi di quanto fatto di buono finora. Peccato che la voce del verbo amministrare non abbia mai fatto parte del bagaglio di viaggio della compagine di Simone Inzaghi. Quando si ferma, che sia stanchezza o vanità, l’undici interista si normalizza.
E allora da un pallone che sarebbe dovuto finire in tribuna, ecco il primo pareggio dei biancazzurri. Giusta punizione per chi, recidivo, ha gettato nel cesso – il lettore ci perdonerà il francesismo – l’ennesima opportunità di sorpasso gentilmente concessa da un Napoli che, va detto, vincerà meritatamente il suo quarto scudetto. Bonus finiti, la bava alla bocca di Antonio Conte e l’effetto San Paolo faranno il loro dovere. Perché si vincono così gli scudetti in Italia, con le migliori difese.
E non con una distrattissima banda del buco che chiude come aveva iniziato. A braccia larghe, in pieno recupero, in mezzo ai propri sedici metri, dopo aver ripreso (immeritatamente) per i capelli la partita. Rigore a Genova alla prima giornata, massima punizione ieri sera alla penultima. In mezzo troppi film dell’orrore difensivo.
Dalla difesa all’attacco, tanti colpevoli. Nella speranza che Inter-Lazio abbia fatto definitivamente capire – se mai ce ne fosse stato il bisogno – che le alternative alla ThuLa devono essere credibili. Non un Mehdi Taremi che gioca a nascondino, non un Joaquin Correa che sbaglia tutte le scelte, non un Marko Arnautovic che non riesce a spingere dentro il pallone a un metro dalla porta.
Ma nonostante tutto lo scudetto era tornato nelle mani della Beneamata. I soliti errori e nodi venuti definitivamente al pettine hanno riportato l’Inter sul pianeta Terra. Gli déi del calcio danno, gli déi del calcio tolgono. Ma mai casualmente: la fortuna – come nella semifinale di Champions League – bisogna sempre andarsela a cercare. Napoli, nel frattempo, ringrazia.



