Con tre sconfitte nelle prime otto giornate non si vincono (quasi mai) i campionati. Quando subisci (quasi) un gol e mezzo a partita – almeno in Italia – difficilmente si fa abbastanza strada anche solo per provare a vincerlo quel tricolore. Se non ti dimostri più forte di ogni avversità – sfortuna, avversari, arbitri – puoi essere anche il più forte, ma qualcuno che arriva più in alto di te lo troverai sempre. Così la Beneamata esce dal 3-1 in favore del Napoli con tanti “vecchi” problemi tornati a galla. Ma, come si suol dire, non tutti i mali vengono per nuocere. Ecco, siamo così sicuri che l’Inter esca dal Maradona con le ossa rotta?
Errori e orrori
D’accordo, la sconfitta salutare non esiste. Anche perché con un po’ di cattiveria sotto porta – vero Lautaro? – al quarto d’ora l’Inter avrebbe messo il muso avanti al cospetto di una squadra (forte ma) in crisi d’identità. Negli scontri diretti ogni particolare può pesare in un senso o nell’altro e l’errore del capitano davanti a Milinkovic-Savic è di quelli che gridano vendetta. Altro errore del capitano è stato quello di cadere nel tranello nervoso di Antonio Conte. E con lui tutta la squadra. Sì, perché dopo la gazzara avvenuta sotto alla panchina del Napoli i nerazzurri hanno smesso di giocare. C’erano tempo e inerzia per pareggiare e magari ribaltare la gara. Lucidissimo, in tal senso Cristian Chivu già nel caldo del fine partita.
Inter, serve una calma rabbiosa
Sul capitolo Sommer ci siamo già espressi più volte, evidenziando la necessità di accelerare verso un’avvicendamento con Josep Martinez. Restando sui singoli malissimo pure Acerbi, ancora una volta in netta difficoltà in mancanza di un riferimento avversario: l’ex laziale solitamente è sempre uno dei migliori in campo, ma qualche ragionamento anche sulla sua posizione va fatta (leggere alla voce riproporre Bisseck centrale, in particolar modo nella suddetta situazione). Due problemi, altrettante possibili soluzioni: poco male.
Per il resto già da mercoledì sera servirà ripartire con una calma che sia allo stesso tempo rabbiosa. Senza isterismi inzaghiani per intenderci. Con la forza di chi sa metabolizzare possibili passaggi negativi. E la consapevolezza che a fine ottobre i nerazzurri hanno già giocato in casa delle due attuali capoliste e nella tana della Juventus – dove comunque spesso e volentieri si esce con un pugno di mosche in mano.
Per chi scrive l’Inter rimane la candidata numero uno allo scudetto. A patto che sappia chiudere questa transizione tra due gestioni tecniche estremamente differenti nel minor tempo possibile.



