Nell’estate del 1997 il miglior giocatore del mondo indossa la maglia dell’Inter: un’intera generazione nerazzurra ha sognato invano sulle giocate del Fenomeno
Il brasilano contro gli avversari sembra praticare un altro sport. Ma in Italia le maglie delle difese sono – per nostra intrinseca natura – decisamente più strette rispetto a quelle delle retroguardie iberiche. E così all’esordio anche una semplice neopromossa come il Brescia di Giuseppe Materazzi (sì, il padre di Marco) riesce a disinnescare questa viva miscela esplosiva di tecnica, muscoli e dinamismo. Ma al Fenomeno bastano centoquarantuno minuti per prendere le misure a questi standard così diversi da Brasile, Olanda e Spagna: è il cinquantunesimo di Bologna-Inter quando il brasiliano fa girare la testa al fresco ex di turno Paganin per infilare con il mancino l’incolpevole Brunner. Sette giorni dopo battezzerà anche San Siro, sbucando come dal nulla tra i difensori della Fiorentina.
Un’altra gara iconica, sempre alla Scala del Calcio, è quella contro il Parma. Gli emiliani loro malgrado sono costretti ad ammirare tutto il repertorio del numero dieci: giochi di gambe, danze con il pallone, accelerazioni fulminee al cospetto di Thuram e Cannavaro («Era immarcabile. Al primo controllo ti superava, al secondo ti bruciava, al terzo ti umiliava. Sembrava un extraterrestre»). E poi quella pennellata su calcio da fermo a lasciare di sale un altrettanto giovanissimo Buffon. Così fino al 4 gennaio successivo, quando lanciato palla a terra da Zanetti, si mette in proprio sulla destra, scherza con Montero, si libera di Iuliano e serve a Djorkaeff il più facile dei tap-in.
L’Inter e il miglior giocatore della sua generazione: Ronaldo il Fenomeno
Inter, i sogni infranti e la generazione del Fenomeno (seconda parte)
LEGGI ANCHE Inter, 6 maggio 1998: la Coppa UEFA del Fenomeno
La vittoria di misura sembra lanciare la compagine di Simoni verso lo scudetto (+4 sulla Vecchia Signora). Ma gli imminenti scherzetti di Bari ed Empoli faranno mettere la freccia ai bianconeri. C’è tempo per un insolito gol di testa in quel di Brescia e per la prima tripletta – nel 5-0 di Inter-Lecce. Confeziona una doppietta nel derby e un’altra alla Roma giallorossa, saltando due volte in scioglievolezza l’estremo difensore austriaco Konsel. Ronaldo continua a segnare, il passo dell’Inter però non è più quello dell’andata. Così nel fatidico 26 aprile 1998, in un pomeriggio dove la soggettività propria del calcio avrebbe avuto la meglio anche ai tempi del Var, Del Piero mette ufficiosamente la firma sul venticinquesimo scudetto bianconero.
I nerazzurri – vestiti in un iconico fasciato grigio e nero – si rifaranno al di là dell’arco alpino. Il Fenomeno punisce in sequenza Neuchatel Xamax, Strasburgo, Schalke 04 e Spartak Mosca (qui volteggiando sul terreno ghiacciato). Salta l’appuntamento solamente ai sedicesimi con il Lione. La Coppa Uefa prenderà la via di Milano nella prima settimana di maggio, con il brasiliano che suggella il 3-0 sulla Lazio ubriacando l’uscita di Marchegiani. Inguaribili romantici, un’intera generazione di tifosi sogna al ritmo dei suoi dribbling senza sapere che il mondiale transalpino avrebbe restituito al calcio mondiale un giocatore minato nel fisico e nel morale. Sono le convulsioni prima della finale, il fantasma di Saint-Denis, quell’imbarazzante discesa dalla scaletta dell’aereo.
Moratti vuole il tricolore e ambisce alla Champions League. La visione del primo tifoso, un attacco atomico con Roberto Baggio e – successivamente – anche Christian Vieri, deve fare i conti però con la cruda realtà delle (sempre più) martoriate ginocchia del nuovo capitano. Novembre 1999, la lesione al tendine rotuleo del ginocchio destro: subito sotto ai ferri e sei mesi di stop. Aprile 2020, nel giorno del ritorno in campo dopo neanche quattrocento la terribile scena della stessa articolazione che salta di nuovo. E poi le incomprensioni con Cuper, il dramma sportivo del 5 maggio e, dopo la rivincita verdeoro di Corea del Sud-Giappone 2002, la scelta diversa verso Madrid. Qualche anno più tardi l’Inter arriverà davvero sul tetto d’Europa. Grazie anche alle giocate di un altro numero nove, anche lui proveniente dal Barcellona. Ma questa è un’altra storia…