Tutto facile per l’Inter in casa dell’Hellas Verona: merito soprattutto di Joaquín Correa che ha sbloccato la partita e ha contribuito a chiudere la pratica già nel primo tempo. Una nuova freccia nell’arco del mister?
L’Inter torna da Verona con un carico di buone notizie. Se di primo acchito basterebbe il solo risultato del Bentegodi a farci iniziare la settimana con il sorriso, l’analisi delle cinque reti rifilate all’Hellas fanno ulteriormente ben sperare per i prossimi cruciali impegni della Beneamata. Ovvero Lipsia per blindare il discorso Champions e la trasferta di Firenze per iniziare a lasciarsi alle spalle più squadre possibili in vista del (prevedibile) testa a testa con il Napoli degli ex. La partita di sabato, dicevamo: le prime reti stagionali dei difensori, il turn-over che funziona alla grande. E poi un tempo di pura accademia per rilassare testa e muscoli. Mettiamoci anche il rientro di quel Buchanan che – dopo tanta panchina – nel finale dello scorso campionato ha fatto intravedere cose potenzialmente interessanti.
Ma soprattutto il pomeriggio veronese ci ha restituito lampi di Joaquín Correa. Una rete che ha sbloccato una partita non così scontata nelle battute iniziali (la mezza papera di Sommer e la traversa di Tengstedt), due assist per chiudere la pratica. Illuminante – al di là di una retroguardia avversaria tatticamente non proprio impeccabile – il filtrante per Thuram, pregevole il tacco per Bisseck. E poi i due legni colpiti dallo stesso Tucu: non fanno statistica ma sono il segnale che l’argentino – da tempo ingrigito – si è dato da fare per tutti i novanta di gioco.
Inter trascinata da Joaquín Correa: il mister sorride…
Inter, finalmente Joaquín Correa. Aveva ragione Inzaghi?
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Così (forse) dopo mesi di relazione complicata tra l’Inter e la sua quinta punta sembrano essere tornati i presupposti migliori. Quelli che nella difficile estate del 2021 avevo spinto Simone Inzaghi a convicere la dirigenza ad investire proprio sul Tucu. Cosa particolare se pensiamo al profilo “aziendalista” del mister: a differenza di qualche predecessore (ogni riferimento ad Antonio Conte è puramente intenzionale) ha sempre fatto buon viso a cattivo gioco. Anche quando Suning vendeva senza troppi problemi i pezzi migliori, tanto per intenderci.
Mai una parola fuori posto da parte del giocatore, diverse le attestazioni di stima da parte di Simone Inzaghi. Nonostante l’esclusione dalla lista Champions e un minutaggio prossimo allo zero assoluto. Frasi che fino a sabato mattina magari all’osservatore esterno potevano apparire di circostanza. Ma che nel rapporto schietto e diretto tra guida tecnica e numero undici evidentemente hanno influito in maniera positiva. Se il vero Joaquín Correa – quello ammirato più Lazio che in nerazzurro, va detto – è tornato saprà dircelo soltanto il tempo.
Chi scrive spera sia davvero così. Solamente per il fatto che – insieme a Buchanan – l’argentino è il solo in rosa capace di creare superiorità numerica. Lautaro è un trascinatore, Thuram un treno in corsa. Ma nessuno dei due salta l’uomo. Una dote che – in particolar modo in Italia, dove le difese sono bravissime a non concedere spazi – potrebbe tornare utilissima anche alla squadra più forte del campionato. Anzi, toglierebbe parecchie castagne dal fuoco. La pazienza è la virtù dei forti. L’interrogativo ora nasce spontaneo: e se avesse avuto ragione Simone Inzaghi ad aspettare il suo pupillo?



