Sarti, Burgnich, Facchetti, Bedin: inizia così, con questi quattro nomi la filastrocca più conosciutati dai tifosi dell‘Inter. Principio dell’undici leggendario che negli anni sessanta del secolo scorso conquistò l’Italia, l’Europa e – giusto per non farsi mancare niente – il tetto del mondo. Attenzione alla numerologia, dimentichiamoci di portieri con il numero dieci e attaccanti con il due sulle spalle: a quel tempo proprio il quattro… faceva il quattro. Ovvero si francobollava al miglior giocatore degli avversari. Una vita da mediano avrebbe cantato molti anni più tardi il famosissimo tifoso nerazzurro Luciano Ligabue.
Tre scudetti e una Coppa dei Campioni
Ecco, quel tipo di giocatore nella Beneamata più forte di sempre fu proprio Gianfranco Bedin: nato il 24 luglio 1945 a San Donà di Piave, compie oggi 80 primavere. Cresciuto in una famiglia poverissima – “abitavo in una baraccopoli. Quando pioveva entrava l’acqua in casa. Da ragazzo andavo a fare il cottimista nella fabbrica delle carrozzine: più ruote montavo, più soldi portavo a casa” ha raccontato in un’intervista rilasciata alla Gazzetta dello Sport – si forma calcistamente proprio in nerazzurro. Dopo avergli fatto assaggiare Coppa Italia e Serie A Herrera lo fa esordire nella coppa dalle grandi orecchie.
Settembre 1964, agevole ritorno di un’andata stravinta contro la Dinamo Bucarest. Il ragazzo è abituato a giocare un po’ più avanti, ma il Mago ha bisogno davanti alla difesa: scopre così che la cara, vecchia, marcatura a uomo sarebbe diventata il suo pane quotidiano. Fatiche che lo porteranno a conquistare tre scudetti – tra cui quello della prima stella – una Coppa dei Campioni e la Coppa Intercontinentale del 1965.
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Gianfranco Bedin e la Grande Inter
Sempre di corsa, per arrivare prima sul pallone. Sempre a francobollare le caviglie del dieci avvesario. Pelé, Eusebio, Di Stefano, Sivori, Rivera, Netzer, Haller.
Colonna del centrocampo interista per dieci lunghe stagioni metterà insieme 225 presenze, togliendosi per 23 volte lo sfizio del goal. HH pretendeva tanto dal suo uomo che, una volta recuperato il pallone nel momento della ripartenza, diventava l’uomo in più della squadra. Il tecnico argentina aveva ragione da vendere. Sempre lì, lì nel mezzo, Gianfraco Bedin è stato uno dei segreti della Grande Inter.



