Giuseppe Prisco per tutti Peppino, è stato molto più di un dirigente sportivo. È il tifoso che ogni generazione di fan dovrebbe conoscere, proprio per capire cosa vuol dire amare incondizionatamente una squadra. Avvocato penalista, alpino decorato e storico vicepresidente nerazzurro, è diventato il simbolo dell’interismo più autentico e ironico.
La sua figura, a oltre 4 lustri dalla sua scomparsa, vive ancora nei celebri aneddoti e nelle battute fulminanti che hanno segnato un’epoca e che continuano a essere tramandate tra i tifosi nerazzurri.
La sua fede per i meneghini era una questione di vita o di morte, o meglio, di “guerra” contro le eterne rivali, Juventus e Milan. Ed è proprio su questo “campo di battaglia” che Prisco ha dato il meglio di sé. La sua celebre frase sulla pulizia delle mani è rimasta nella storia: “Quando stringo la mano a un milanista me la lavo, quando stringo la mano a uno juventino mi conto le dita”. Una battuta che racchiude in poche parole il suo disprezzo sportivo per i cugini rossoneri e la sua velata, ma tagliente, critica all’onestà dei bianconeri.
Prisco e la sua ironia innata
Prisco non si limitava a frecciate sul campo: i suoi aforismi si allargavano alla vita privata e persino alla famiglia. “Io sono contro ogni forma di razzismo, ma mia figlia in sposa a un giocatore del Milan non la darei mai”, diceva, dimostrando come la sua fede nerazzurra fosse un valore assoluto e incondizionato. E ancora, con un’ironia unica e graffiante, sosteneva che a Milano esistessero solo due squadre: “l’Inter e la primavera dell’Inter”, una sintesi perfetta del suo disinteresse per l’altra sponda del Naviglio.
Altrettanto memorabile l’aneddoto sul suo pronostico per una sfida tra Milan e Juventus: “Spero che perdano entrambe“, una risposta che non lasciava spazio a fraintendimenti. Eppure, dietro a questa facciata da “anti-tutto”, si nascondeva un amore profondo e viscerale per i suoi beniamini nerazzurri. Basti pensare alla sua confessione: “Chiedo scusa ai miei genitori, ma in mezzo alla foto di loro due porto sempre quella di Ronaldo”.
L’Inter, una seconda pelle
Queste battute, apparentemente leggere, rivelano il carattere di un uomo che ha vissuto la squadra come una seconda pelle, servendola con passione e dedizione sotto la presidenza di ben cinque diversi presidenti. Perciò, Peppino Prisco non è stato solo un dirigente, ma il custode di una tradizione, la voce schietta di un popolo. Il suo ricordo è un’eredità che continua a far sorridere e, soprattutto, a far sentire uniti tutti i tifosi della Beneamata , che ancora oggi lo omaggiano con un coro che riecheggia in ogni stadio: “Peppino Prisco facci un gol!”. In 2 parole: Epico ed eterno!



