Francesco Acerbi ha raccontato come ha vissuto l’assoluzione dalle accuse di presunti insulti razzisti rivolti a Juan Jesus durante Inter-Napoli
A distanza di dodici giorni dall’accaduto e nella settimana dell’assoluzione dall’accusa di razzismo, Francesco Acerbi racconta la sua verità. Il centrale dell’Inter lo fa in una lunga intervista al Corriere della Sera dove parla di come ha vissuto questi giorni e di come questa vicenda abbia pesato su lui e sulla sua famiglia. Sono state giornate pesanti:
Sono triste e dispiaciuto: è una vicenda in cui abbiamo perso tutti. Quando sono stato assolto, ho visto le persone attorno a me reagire come se fossi uscito dopo dieci anni di galera, molto contente di essere venute fuori da una situazione del genere: sono state giornate molto pesanti.
Sono state quasi due settimane dure, in cui Acerbi ha rilasciato solo la breve intervista dopo il rientro dal ritiro della Nazionale. Un silenzio che lo stesso centrale spiega così, confermando la sua versione. Confermando si esser strato malinteso da Juan Jesus:
Avevo fiducia nella giustizia e non volevo rischiare di alimentare un polverone che era già enorme. Adesso che c’è una sentenza, vorrei dire la mia, senza avere assolutamente nulla contro Juan Jesus, anzi è il contrario perché sono molto dispiaciuto anche per lui. Ma non si può dare del razzista a una persona per una parola malintesa nella concitazione del gioco. E non si può continuare a farlo anche dopo che sono stato assolto.
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La sentenza è stata vissuta come una vera e propria liberazione da Acerbi e non solo, come evidenziato dallo sfogo social della moglie dopo la sentenza. Il centrale dell’Inter ha percepito intorno a sé un accanimento esagerato:
Nella liberazione sono comunque triste per tutta la situazione che si è creata, per come era finita i campo, per come ci hanno marciato sopra tutti senza sapere niente. Anche dopo l’assoluzione ho percepito un grandissimo accanimento, come se avessi ammazzato qualcuno.
Non è una lotta al razzismo, questa per Acerbi. Ma accanimento. Il difensore di Simone Inzaghi si è sentito umiliato e massacrato in questi giorni difficili. Per una cosa che, a detta sua, non c’entra con la discriminazione per un “presunto insulto”:
Si sta solo umiliando una persona, massacrando e minacciando la sua famiglia, ma per che cosa? Per una cosa che era finita in campo e nella quale il razzismo non c’entra nulla. Il razzismo purtroppo è una cosa seria, non un presunto insulto.