Inter, il calcio, come la vita, è fatto di gioie e dolori, di trionfi inaspettati e di cadute rovinose. E per i tifosi dell’Inter, una delle pagine più dolorose della storia nerazzurra non è legata a una sconfitta “normale”, ma a un evento che ha assunto le connotazioni di una vera e propria tragedia sportiva: il 5 maggio 2002. Quel giorno, l’Inter di Hector Cuper e del Fenomeno Ronaldo, si giocava lo scudetto contro la Lazio all’Olimpico, con la speranza che la Juventus non vincesse a Udine. La partita, però, prese una piega inaspettata, trasformandosi presto in un incubo.
Tra i momenti più bui di quella giornata, c’è un episodio che rimane impresso nella memoria collettiva: l’autogol di Ivan Ramiro Cordoba. Il difensore colombiano, un pilastro della squadra che, involontariamente, deviò un pallone nella propria porta, segnando uno dei gol più tristi e inattesi della storia interista. Il suo errore, in un contesto già surreale, aggiunse un tocco di drammaticità a una giornata destinata a finire nel peggiore dei modi per i nerazzurri.
Il 5 maggio
Il 5 maggio 2002 è stato un autogol collettivo, un crollo psicologico che ha coinvolto l’intera squadra. L’errore di Cordoba, sebbene tecnicamente non l’unico fattore della sconfitta (il risultato finale di 4-2 contro la Lazio vanificò le speranze), è diventato il simbolo della fragilità e della sfortuna che hanno accompagnato l’Inter per anni. Quell’autogol, più di qualsiasi altra cosa, rappresenta la delusione, il dolore e la tristezza di una squadra e di un popolo che si vedevano già Campioni d’Italia, ma che si sono ritrovati a vivere uno dei momenti più bui e indimenticabili della propria storia. Per fare un paragone pertinente, fu la stessa tragedia che, qualche anno prima, vissero i romanisti dopo il 3-2 interno contro il Lecce di Pasculli, che proprio all’ultima giornata regalò il tricolore all’allora imbattibile Juve di Trapattoni.
Le basi per i successi futuri
Negli anni successivi, invece, la società tanto cara ai Moratti, pose le basi per un ciclo vincente, che iniziò prima con l’arrivò di Roberto Mancini, il quale riportò per primo lo scudetto a Milano e dopo culminò con il forse irripetibile Triplete dell’amatissimo tecnico luisitano, Josè Mourinho, ancora in cerca di pace interiore dopo l’addio del 2010. Fino ad arrivare ai nostri giorni con la guida del fondo americano della Oaktree che, un pezzo alla volta, sta costruendo una corazzata in grado di poter rivincere, presto, anche la Champions League.



