La Grande Inter. Nel pantheon dei grandi difensori del calcio italiano, il nome di Tarcisio Burgnich brilla di luce propria. Soprannominato la “Roccia” per la sua robustezza e la sua tenacia, è stato uno dei pilastri della leggendaria Grande Inter di Helenio Herrera, una squadra che ha segnato un’epoca vincendo tutto, sia in Italia che in Europa. Nato a Ruda, in provincia di Udine, nel 1939, Burgnich ha incarnato il prototipo del difensore di un tempo: un marcatore arcigno e instancabile, che non concedeva un centimetro agli attaccanti avversari. Anche se non c’è più fisicamente, perchè deceduto nel 2021, il nome dell’indimenticato difensore, resterà per sempre scolpito nella pietra
La carriera di Burgnich
La sua carriera è legata indissolubilmente ai colori nerazzurri, indossati dal 1962 al 1974. Con i meneghini ha conquistato 4 Scudetti, 2 Coppe dei Campioni e 2 Coppe Intercontinentali, un palmarès che testimonia la grandezza di quella squadra. Sul campo, formava con Armando Picchi e Giacinto Facchetti una retroguardia solida e quasi impenetrabile, un trio difensivo che è entrato nella storia del calcio, a cui va aggiunto il portiere dei portieri: Sarti.
Burgnich non è stato solo un simbolo dell’Inter. È stato anche un pilastro della Nazionale italiana, con cui ha collezionato 66 presenze. Con la maglia azzurra, ha vinto il Campionato Europeo del 1968 e ha partecipato alla storica finale del Mondiale del 1970 in Messico. In quella partita, in cui l’Italia si scontrò con il Brasile di Pelé, il friulano fu l’autore di un gol in un’azione che è passata alla storia del calcio. Pur non riuscendo a fermare il fenomeno brasiliano, la sua prestazione fu una dimostrazione della sua tenacia e della sua dedizione.
Il ritiro
Dopo il ritiro dal calcio giocato, ha intrapreso una lunga ma meno fortunata carriera da allenatore, sedendosi su diverse panchine di club italiani. Purtroppo, Tarcisio Burgnich si è spento nel 2021 a 82 anni, mentre passeggiava con la moglie a Forte dei Marmi, lasciando un vuoto nel cuore dei tifosi e degli appassionati. Il suo ricordo, però, rimane indelebile, come quello di un campione umile, di un lavoratore instancabile e di un uomo leale che ha onorato ogni maglia che ha indossato. La sua “roccia” è un monumento al calcio di un tempo, fatto di sacrificio e di passione. Le sue parole umanizzavano il calcio, fatto di milioni e gossip, spesso inutili.