Inter-Porto è stata una questione di garra e di avere in campo i migliori Brozovic e Lukaku. Loro possono fare la differenza…
“Non sarà una bella partita”, si era detto alla vigilia. Difatti. Le caratteristiche del gioco del Porto, più che quelle dell’Inter, portavano a questa previsione.
Sin dai primi minuti di Inter-Porto sul campo martoriato di San Siro (vedere Chalanoglu o Barella gestire la sfera tra le gobbe del terreno è stata una sofferenza estetica e fisica per ogni appassionato di calcio) è apparso chiaro che l’impresa di generare buon calcio e portare a casa la sfida sarebbe stato arduo.
Per smontare la ragnatela costruita dall’ex interista Conceiçao serviva almeno uno tra gli ingredienti che seguono, e cioè “garra”, imprevedibilità e, sì, quella cosa lì: quella qualità che inizia con la lettera “c” che però, lo sappiamo noi interisti, non è una specialità della casa. Forse perché il Biscione – basta vederlo, senza avere competenze in zoologia – non lo possiede.
Dunque la “garra”: per tutto il primo tempo non se n’è vista, anche perché il suo generatore naturale – Nicolò Barella – aveva la spina staccata. Qualche leziosità di troppo, e un velato disinteresse per la serata. Come se, al posto di calcare il prato del Meazza in un ottavo di Champions, il vulcanico cagliaritano avesse preferito essere a casa a vedersi l’ultima serie tv proposta da Netflix.
Chi ce la metteva – Lautaro Martinez – la condiva con il sapore amaro dell’imprecisione. Imprevedibilità? Quando si ha Simone Inzaghi sulla panchina l’imprevedibilità è più o meno come le libere elezioni in Corea del Nord. Nemmeno pensabile.
La formazione era già bella che scritta nelle menti degli interisti: Dzeko davanti, Darmian a destra, cambi prevedibili ruolo per ruolo intorno al 70esimo. Il mantra è quello. Sui regali del fato, infine, si è già detto. Perfino il goal di Lukaku a una manciata di minuti dalla fine del tempo regolamentare è dovuto passare dalla tassa di un palo e dal fremito delle coronarie del popolo interista.
Inter-Porto, il vero Biscione solo nella ripresa…
Inter-Porto, questione di garra e di avere Brozovic e Lukaku…
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Si è dovuto attendere il secondo tempo per assistere alla scossa elettrica nella colonna vertebrale della squadra: le parate di Onana, mai così felino, il Barella redivivo, Lukaku tornato a regalare un raggio di sole, a sé stesso e ai tifosi. E Brozovic in campo: capace di cambiare ritmo alla squadra e garantire una regia che – con buona pace del luogo comune a mezzo stampa “Chalanoglu in regia è bravo tanto quanto il croato” – lo rende titolare inamovibile del ruolo.
Per sperare di uscire col sorriso dallo Estádio do Dragão di Porto martedì 14 marzo serve che i bagliori della notte di Champions League diventino certezze capaci di illuminare il destino dell’Inter da qui a fine corsa: con Lukaku e Brozovic titolari e in salute (un lusso che abbiamo regalato agli avversari per tutta la stagione), una squadra magari anche disposta ai bisticci in campo ma che remi nella stessa direzione e, volesse il cielo, un Inzaghi meno ossessivo nelle scelte di formazione.
Al netto delle assenze, il tecnico piacentino prima o poi dovrà spiegare alla dirigenza perché non ha creduto almeno un po’ su alcuni giocatori (Asslani) e perché si applica con sadismo a stremare gli stessi giocatori fino all’ultima goccia di energia (il Mkhitaryan in difficoltà ne è una dimostrazione).