LA PERDITA DELLA MADRE – “Un tumore al seno. Non ne ero cosciente, perché nessuno mi avvisò che sarebbe potuta morire. Ecco perciò il motivo per cui ho scelto di dire tutto subito ai miei figli, Geremia e Gianfilippo, così possono metabolizzare“.
I PRIMI SINTOMI – “Iniziai a sentirli durante una partita di calciotto con gli amici, a marzo del 2024, perché non correvo bene. Pensavo a un’ernia del disco, avevo anche preso una botta saltando una staccionata. Ho fatto gli esami, tra cui una risonanza a contrasto che aveva scongiurato sclerosi e SLA: questa malattia non si manifesta in modo chiaro. Ti crolla tutto addosso. Poi dici: io voglio ridere, scherzare. Vivere“.
OGGI – “La notte è lunga. Non prendo mai sonno. Devo chiedere aiuto a mia moglie Maura per fare cose banali. Di giorno esco con gli amici, porto Gianfilippo all’allenamento. Non sono mai solo, persino il mio pitbull Gilda ha capito che qualcosa non va, è diventata la mia ombra. I malati di Sla spendono cifre enormi, i tempi della burocrazia sono lentissimi, quelli della malattia rapidi. Abbiamo pagato 100mila euro solo per rendere la mia giornata vivibile”.
LA RICERCA – “La speranza è trovare una cura per la mutazione che ha colpito me come tante altre persone. Magari non mi salverò io, ma altri sì. Ci muoviamo su due binari: la Columbia University ci ha chiesto 1,5 milioni per finanziare la produzione di un ASO, un laboratorio di San Diego un milione per cercare un farmaco. Ci proviamo, non so se il tempo che ho mi basterà“.
LE DONAZIONI – “Duecentomila euro. Ringrazio Antonio Conte e la moglie Elisabetta, Simone Inzaghi e sua moglie Gaia, ma anche chi ha donato cinque euro. Mi ha scritto Ibrahimovic, mi ha mandato una emoticon e mi ha fatto forza. L’ho conosciuto quando giocava con Marco“.
IL RAPPORTO CON MARCO – “Ci videochiamiamo ogni giorno, mi ripete: “Io sono qua”. Quando è scomparsa nostra madre ci siamo aiutati a vicenda, siamo cresciuti insieme, poi c’è stata qualche discussione su cose banali. Cazzate, dico oggi. Provo a recuperare con lui il tempo perso. Vuole organizzare una partita di beneficenza all’Olimpico“.
LA FINALE 2006 – “Con Maura. Al gol di Marco mi ritrovai abbracciato a un tifoso con la bandiera svizzera dipinta sulla guancia, pensai: “Che cavolo ci fa qua?”. Un momento bellissimo, di grande orgoglio per mio fratello”.