L’Inter vince ancora contro il Benfica. Ci riesce grazie alla rete di Thuram servito da un Dumfries pasticcione sotto porta…
Per molto tempo una metà buona di Lisbona, quella popolata da tifosi del Benfica, avrà attacchi d’ansia al solo sentir pronunciare la parola “Inter”. Nel giro di pochi mesi, la squadra di Simone Inzaghi riesce ad archiviare col sorriso sulle labbra l’ottimo calcio tecnico dei lusitani, guadagnando non solo i punti vittoria, ma una buona dose di autostima perché il Benfica fa ottimo calcio, corre dal primo all’ultimo minuto e, giusto per parlare della partita di San Siro, ha risposto colpo su colpo alle ambizioni dell’Inter durante il primo tempo.
Dopodiché, è venuto il secondo tempo, e forse nello spogliatoio (anzi, senza forse) si saranno dette le parole (e le parolacce) giuste per ricaricare le pile.
La vittoria serviva, la vittoria è arrivata. Con gli stessi uomini che avevano giocato la prima metà di gioco. Trasformati, però.
L’imbarazzante sprecone Dumfries ha inanellato regali pre-natalizi ai lusitani da posizioni preziosissime: sempre nel posto giusto, nel momento giusto, a fare però le cose sbagliate.
Qualsiasi cranio umano, appeso a un collo di un corpo atletico, in volo plastico sull’angolo di porta spalancata, recapiterebbe la palla in rete.
E invece no: per quel picosecondo fondamentale, dopo il quale dovrebbe esplodere l’urlo liberatorio di san Siro, la calotta riccioluta del nostro olandesone si trasforma in un tavolo da ping pong, piatto e a quattro spigoli, capace di far rimbalzare la palla oltre la ionosfera.
La sgroppata e l’assist-goal per Thuram fanno da catarsi alla galleria di errori precedenti. La cosa che inquieta noi osservatori basiti è che Dumfries non è un essere umano leggibile: non sai mai cosa abbia in programma di fare di sè stesso tra un minuto e quello successivo.
Inter, se la rete non la gonfia Lautaro ci pensa Marcus Thuram…
Inter, dalla galleria degli orrori di Dumfries nasce la rete di Thuram…
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Lautaro, poi. L’attaccante argentino è il nostro amuleto, l’eroe di casa, il campione che emana interismo e che ribadisce di voler restare a Milano vestendo la sacra maglia.
Tutto molto bello. Se però noi, popolo nerazzurro, cominciassimo, accanto ai peana, a recapitargli qualche stimolo nel migliorare in freddezza d’area e dribbling (se c’è da segnare d’istinto e in modo acrobatico il Nostro è un killer, se c’è da riflettere e piazzare la palla, la musica cambia), il buon Toro potrà passare dalla categoria di giocatore molto forte (sicuramente per la taglia della Serie A attuale, lo è) a fuoriclasse internazionale.
Vuoi la sfortuna, vuoi le prodezze di Trubin (quello che avrebbe potuto essere nostro nei sogni, ma se i soldi non ci sono…), Lautaro ha sprecato una serie di occasioni che fanno spettacolare contrasto con il poker di gol alla Salernitana. Alla Salernitana, per l’appunto.
Pavard, partita dopo partita, conferma di essere titolare inamovibile. E coloro che sostengono che avremmo dovuto usare i soldi spesi per lui per un attaccante (pur avendo una linea difensiva titolare in là con l’età, a parte Bastoni, e dunque bisognosa di una rinfrescata) non sa cosa dice. I soldi erano quelli, non ce n’erano altri. Discorso chiuso.
Ultima considerazione: la mezzora del secondo tempo in cui l’Inter ha dato tutto, e ci ha pure un po’ commosso per la dedizione alla causa, va smaltita al più presto. Sabato c’è il Bologna, e i tre punti servono come sempre.



