L’Inter di Champions ha dimostrato una straordinaria calma olimpica, grande maturità e un super Lautaro Martinez. Questi i segreti di Inzaghi per vincere…
Davvero, come intona la grancassa mediatica ufficiale dell’Inter, la Champions “rischia” di diventare “our habitat”, il nostro habitat. Di sicuro – una volta passato il girone – l’asticella si alzerà.
Paradossalmente avviene il contrario di una stagione fa, quando il girone infernale – comunque passato – portò poi a scontri più gestibili e a una cavalcata che si arrestò solo di fronte al City (e ai nostri errori).
L’Inter di oggi è, però, molto diversa da quella di un anno esatto fa: ha una tranquillità olimpica nell’affrontare gli avversari, e si applica fino alla fine nonostante le defaillance (comprensibili, per stanchezza) di qualche suo giocatore. Come Calhanoglu e Mkhitaryan, sul campo del RB Salisburgo davvero imprecisi e quasi svagati (su quest’ultimo punto soprattutto l’armeno).
La maturità del gruppo, però, regala ai tifosi interisti una sensazione che definire rara per loro è un eufemismo: la tranquillità.
Un lusso, per un popolo abituato – per anni e anni – a vivere sull’orlo di una crisi di nervi. Oggi c’è la consapevolezza collettiva che i ragazzi faranno le cose giuste e che, bene o male che vada, nessuno di loro scenderà in campo sventolando una bandiera bianca interiore.
Il Salisburgo resta una squadra organizzata, che corre come indemoniata fino all’ultimo minuto, e le ironie tronfie dei cuginastri milanisti oggi sui social, nel rimarcare come loro abbiano battuto “epicamente” il Psg e noi si sia gestito con un rigore il match contro gli austriaci, rende solo più evidente, ancora una volta, quanto sia di grana grossa il tifo dall’altra parte del Naviglio.
Inter, dalla Champions League al campionato: Inzaghi e Lautaro Martinez devono ripetersi…
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L’Inter è qui, prima in campionato, in testa (in coabitazione con Real Sociedad) al girone di Champions, deve gestire un paio di indisponibili – come Pavard e Cuadrado (Arnautovic sta rientrando) – e se si aggiudicherà i 3 punti contro il Frosinone tra le mura amiche di San Siro, potrà andare alla pausa con pochi pensieri nella testa.
Certo, si tratta di tre trasferte (quelle italiane, checché ne dicano Inzaghi o dirigenti nelle prossime comunicazioni alla stampa, le più importannti: le sfide contro Juventus e Napoli sono fondamentali.
A Lisbona contro il Benfica si farà di tutto per vincere, non sarà però obbligatorio). Ma lo sguardo fisso e tranquillo di Lautaro quando gioca, le parole giuste e semplici quando il capitano si trova davanti alla bocca un microfono a fine partita (davvero dal Mondiale vinto e dalla Finale di Champions conquistata il Toro sembra maturato in modo considerevole), la compattezza di tutto il gruppo che lo segue (nota di merito per il giovane Asslani finalmente “rinato”), sono la garanzia migliore per noi che soffriamo sugli spalti o davanti alla tv.



