Alvaro “El Chino” Recoba è stato molto più di un semplice calciatore. È stato un enigma, un artista del pallone, un genio capriccioso che ha fatto innamorare i tifosi con il suo sinistro fatato e la sua imprevedibile genialità. Il suo nome è indissolubilmente legato all’Inter di Massimo Moratti, un’era calcistica segnata da grandi sogni e da un’incostante ma inarrestabile passione.
Arrivato a Milano nel 1997, quasi in sordina, nello stesso giorno in cui veniva presentato Ronaldo “il Fenomeno”, Recoba non ha impiegato molto a conquistare il cuore dei sostenitori nerazzurri. Da libro cuore è stato Il suo esordio, contro il Brescia, con cui è entrato di diritto nella storia: subentrato a partita in corso, ha ribaltato il risultato con due gol indimenticabili, uno da oltre 30 metri e l’altro su punizione, dimostrando subito di che pasta fosse fatto.
Recoba, tra alti e bassi
La sua carriera è stata un continuo alternarsi di alti e bassi, un riflesso del suo carattere e della sua natura “pigra” e scostante, come lui stesso ammetteva. Poteva regalare punizioni imparabili, tiri da centrocampo e magie balistiche che lasciavano a bocca aperta, salvo poi sparire per intere partite, quasi disinteressato. La sua discontinuità era il suo punto debole e, al tempo stesso, il suo fascino. Non era un “macinatore” di chilometri, ma un improvvisatore, un funambolo che aspettava il momento giusto per il colpo di genio.
I Moratti stravedevano per lui, arrivando a renderlo per un breve periodo il calciatore più pagato al mondo, un’espressione di fiducia totale nel suo talento cristallino. Egli li ripagava con sprazzi di pura arte, come quella stagione a Venezia dove, lontano dalle pressioni di Milano, realizzò 11 gol in 19 partite.
Il finale di carriera
Anche dopo l’addio all’Inter, con le esperienze al Torino e in Grecia, Recoba è tornato a casa sua in Uruguay, dove ha concluso la sua carriera con il Nacional, vincendo due campionati e dimostrando che il talento, seppur non sempre coltivato al massimo, resta immutabile. In definitiva”El Chino” è stato un’anima libera del calcio, un giocatore che ha lasciato un segno indelebile non per il numero di trofei vinti, ma per l’emozione che riusciva a trasmettere a ogni tocco di palla. Un vero monumento alla fantasia e all’imprevedibilità del calcio post-romantico.