Inter, Beppe Baresi: capitano e simbolo di un’epoca interista
Nel calcio italiano, il cognome Baresi è sinonimo di grandezza, ma spesso si pensa unicamente a Franco, storica bandiera del Milan. Meno noto al grande pubblico, ma altrettanto fondamentale per la sua squadra, è il fratello maggiore Giuseppe Baresi, la bandiera nerazzurra, che ha scritto pagine indelebili della storia dell’Inter.
Giuseppe, nato a Travagliato, in provincia di Brescia, ha iniziato la sua carriera nelle giovanili dell’Inter, per poi debuttare in prima squadra nel 1977. La sua è stata una storia di lealtà e dedizione totale alla maglia nerazzurra, che ha indossato per ben 16 stagioni, dal 1976 al 1992.
I successi del “Beppe” internazionale
Con l’Inter, “Beppe” Baresi ha vinto due scudetti (quello della stella del 1980 e quello dei “record” del 1989), due Coppe Italia e una Supercoppa Italiana. Ha ricoperto il ruolo di capitano per anni, tra i primi 10 in assoluto, dove svetta Zanetti con oltre 800 gare con la fascia sul braccio, diventando il leader indiscusso del centrocampo e un punto di riferimento per compagni e tifosi.
La sua grinta, la sua intelligenza tattica e la sua leadership silenziosa lo hanno reso un vero e proprio simbolo del club.
L’ironia del destino di casa Baresi
L’ironia del destino ha voluto che i due fratelli, entrambi capitani, si siano trovati a rappresentare le due sponde di Milano. Un’anomalia unica nel panorama calcistico internazionale, che ha alimentato il fascino del derby meneghino. Mentre Franco era l’anima del Milan, Giuseppe era il cuore pulsante dell’Inter, incarnando i valori di tenacia e spirito di sacrificio tanto cari alla tifoseria nerazzurra.
Un legame familiare diviso, ma unito dalla passione per il calcio, che ha reso il cognome Baresi una vera e propria dinastia sportiva.
Appesi gli scarpini al chiodo, Giuseppe Baresi, la bandiera nerazzurra, è stato per anni al servizio della stessa società sia come allenatore delle giovanili e sia come vice dei vari tecnici che si sono succeduti nella capitale lombarda, come quella storica del Mou e di tanti altri, fino a quando Roberto Mancini lo mise al di fuori dello staff tecnico. Tuttavia, non si è perso d’animo e successivamente è diventato un pigmalione interista alla ricerca di giovani talenti in giro per il Mondo.