Karl Heinz Rumenigge
Il tedesco arrivò in Italia nel 1984, nel pieno della sua maturità calcistica e fisica. Ernesto Pellegrini, l’allora presidente dei meneghini, lo acquistò a suon di miliardi, circa 8.5, dal Bayern di Monaco. Con i bavaresi Rumenigge aveva vinto tutto o quasi, per non parlare dei successi con la sua nazionale. Quella somma, che a quei tempi gridava allo scandalo, rapportata al calcio di oggi, farebbe ridere.
Pellegrini pensò bene di affiancarlo ad Altobelli, che rappresentava la punta di diamante del reparto offensivo interista. In quel periodo era considerato il migliore attaccante del Mondo, nonostante vi fosse la concorrenza di fior di Campioni come Zico, Maradona. Paolo Rossi eccetera. Solo a vederlo, un difensore si spaventava. Cosi come i tifosi avversari lo temevano perchè dotato di grande intelligenza tattica e fiuto del gol alla Lionel Messi e CR7 dei tempi d’oro.
Gli italiani lo ricordano maggiormente per i suoi duelli da cavalleria rusticana con i difensori del Milan e della nazionale italiana nei Mondiali di Spagna del 1982. Il giorno prima della finale ci mandò in ansia proprio perchè, essendo un fuoriclasse, avrebbe potuto creare scompiglio nelle retrovie di Zoff, Gentile, Cabrini, Scirea e via dicendo. Poi, fortunatamente, sul campo venne annullato dalla squadra di Bearzot, nonostante il suo spirito indomabile.
Pur avendo vinto molto in patria con in Bundesliga, Coppa dei Campioni, Coppa Intercontinentale, Scarpa D’oro, Campione Europeo in Italia nel 1980, 2 secondi posti ai Mondiali, a Milano non è riuscito a replicare i suddetti successi. Infine, nel 1987 con Trapattoni in panchina, il tedesco iniziò la stagione al massimo, tanto è vero che si pensava potesse vincere il tricolore con i suoi compagni, ma, ahiloro, un brutto infortunio al tendine d”Achille lo mise ko e lo allontanò dal belpaese, finendo in bruttezza la sua luccicante carriera, in quel di Ginevra con il modesto Servette, dopo 593 partite giocate e 293 reti segnate disse addio al campo.
Nella seconda fase della sua vita post-calcio giocato, è diventato un ottimo dirigente del Bayern in cui si è distinto per serietà, correttezza e lealtà. Qualità rare nel calcio attuale. Oggi Karl ha una vita piena fatta di lavoro, famiglia e ben 5 figli, che con sua moglie ha cresciuto ed educato.