L’Inter di Champions League ne è uscita male. Il turnover di Simone Inzaghi non ha funzionato, anzi ha rischiato di…
La lezione giusta al momento giusto. Questo è stata la partita sul campo della Real Sociedad per la squadra di Simone Inzaghi. Oltre a essere una lezione (se si vuole, confortante) per i media sportivi: evidentemente, questi hanno ancora il potere di essere considerati dai (e influenzare i) protagonisti del mondo che raccontano. Sì perché l’Inter – dopo i peana ricevuti a Derby vinto sulle pagine dei quotidiani e sul web – si è fatta convincere di essere qualcosa di molto vicino a una macchina perfetta che, a prescindere dai suoi interpreti, possa fare sempre e comunque la voce grossa. Col cavolo.
A San Sebastian l’Inter ha visto i sorci verdi, anzi a righe bianche e azzurre. È scesa in campo molle e disorientata dai (troppi) cambi di Simone Inzaghi, è arrivata puntualmente sempre in ritardo sulla palla, ha sbagliato spesso e volentieri con passaggi e lanci banali.
Ha compiuto errori giganteschi (inarrivabile per orrore quello di Bastoni a inizio match: trasformato dai grati baschi in goal). Ha rimediato all’ultima curva di una partita desolante con il goal del capitano Lautaro nato da un passaggio strambo e da una serie di circostanze benevole, la cui descrizione impeccabile sta nelle due parole del suo compagno Frattesi: “Che culo!”.
E dunque ecco i tasti dolenti da pigiare, nella speranza che accendano una bella insegna al neon color fucsia nella camera da letto dell’allenatore dell’Inter, così da impedirgli di dormire per una settimana.
Inzaghi
Simone ha effettuato, come detto, troppi cambi nei titolari. Per di più in una partita di cartello. Il tecnico si è giustificato dicendo, non a torto, che alcuni giocatori erano stanchi e lui ha il dovere di farli ruotare. Parole sante, che però sbattono contro un muro, e quel muro si chiama Barella: il centrocampista sardo era, davanti agli occhi di tutti e già nel finale del Derby, il più stanco di tutti. Se c’era uno che doveva partire in panchina, quello era lui. Inzaghi non ha avuto il coraggio di far partire subito Frattesi al suo posto. Male. A Empoli auspichiamo che il motorino sardo ricarichi le pile in panca.
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L’albanese sarà anche un buon prospetto, ma per il momento è timido come una diciottenne coi boccoli al ballo delle debuttanti. I compagni se ne accorgono, gli avversari se ne accorgono. La cosa fastidiosa (per noi interisti) è che, in una squadra dove finalmente ogni sostituto è più o meno allo stesso livello del supposto titolare, proprio il ruolo cruciale svolto normalmente da Calhanolgu non gode di un sostituto per cui mettere la mano sul fuoco.
C’è già chi invoca il neoacquisto Klaassen, senza sapere che l’olandese è un centrocampista più avanzato, pure dotato del vizietto del gol. Reiventarlo dietro sarebbe una scommessa, tanto più che – con il problema del desaparecido di cristallo Stefano Sensi – Klaassen servirà come seconda scelta lassù.
Arnautovic
È evidente che la sua “taglia” non sia da Champions. Per le partite internazionali, prima o poi lo si dovrà ammettere, andrebbe pensato come il quarto attaccante dietro a Sanchez. A sua difesa, qualcuno dice che per tutta la partita non gli sono arrivati palloni decenti. Eppure, quando in campo è entrato Thuram, bé, è evidente a tutti come il francese i palloni sia andato a prenderseli, quei palloni, e abbia cambiato volto all’attacco nerazzurro. Lo stesso Lautaro è tornato a respirare.
Infine, due note su Sommer e Pavard. Il primo ha salvato la baracca (anche se alla fine, come detto con onestà da Inzaghi, si sarebbe potuto ingiustamente vincere) dimostrando di essere una garanzia tra i pali. Da ieri il ricordo di Onana potrebbe sfumare all’orizzonte. Quanto al difensore francese (benché da qualche quotidiano sportivo prestigioso gli sia stato recapitato un voto insufficiente!) ha dimostrato di che pasta è fatto. Personalità e, lui sì, “taglia” da Champions.



